Tetovo al confine tra Albania e Macedonia
Tetovo è una città di confine. Pur non essendo proprio situata sulla linea divisoria, dalle sue strade si transita per raggiungere Tirana, Prizen, Skopje, Pristina. Inoltre Tetovo è una città divisa. Poco più della metà della popolazione è di etnia albanese, il resto sono macedoni, con qualche minoranza etnica, comunque di origine slava. Tetovo è divisa anche sul nome: per gli albanesi deriva da tet ov, le otto battaglie, quelle combattute nel 1435 per conquistare la città; per i macedoni deriva dall’eroe nazionale Tetov, al quale sono legate le leggende popolari della zona. Per gli analisti, quanto accade da un decennio a questa parte in quella città potrebbe essere la scintilla per spaccare in due la Macedonia e consegnarne una parte agli albanesi, siano essi d’Albania o del Kosovo, e l’altra lasciarla ai macedoni. O forse alla Bulgaria. Un bel labirinto.
Anche il calcio ha le sue divisioni, con le due fazioni che si chiamano Teteks e Shkendija.
Il Teteks, fondato nel 1953 come Tekstilec, è la squadra della popolazione macedone. Il Teteks nasce sulle ceneri del Šar Tetovo, la squadra macedone che aveva partecipato assieme al Makedonija al campionato bulgaro durante la Seconda Guerra Mondiale. Il Šar prendeva il nome dalla catena montuosa che divide Macedonia e Kosovo. Il Teteks verrà così chiamato quando diverrà la squadra aziendale della locale azienda tessile così chiamata. Questa particolare “sponsorizzazione” regalerà ai giocatori biancoazzurri il particolare soprannome di Štofari, letteralmente “vestiti”. Ma a Tetovo esiste un’altra squadra, la più antica della città, il Ljuboten, che, poco fantasioso, deve il nome al monte più alto della catena Šar. Il Ljuboten nasce nel 1919, sull’onda di quanto stava avvenendo a Sofia e dintorni dove in seguito alla fondazione del Botev Plovdid, nel 1912, si stava cominciando a formare la scuola calcistica bulgara.
Il Ljuboten non toccherà mai i vertici del calcio jugoslavo, mentre il Teteks sarà una delle cinque squadre rappresentanti delle Macedonia a giocare almeno una stagione in Prva Liga: Pelister Bitola, Podeba Prileb, Rabotnički Skopje, tutte ferme a quota uno, e Vardar Skopje, con 34 partecipazioni. Il turno del Teteks è la stagione 1981/82, con una toccata e fuga in Prva Liga: promossa ed immediatamente retrocessa, dopo appena otto vittorie e nove pareggi.
La nascita dello Shkendija
Curiosamente, proprio due anni prima, nei quartieri abitati da albanesi veniva fondato lo Shkëndija (Škendija nelle translitterazioni dal cirillico). Inizialmente tollerata, ed anzi vista di buon occhio, dalle autorità, la squadra degli albanesi ha però vita breve. La scelta del nome, che significa “scintilla”, non è casuale. Innanzitutto perché gli albanesi si richiamano esplicitamente alla storia del movimento marxista-leninista (Iskra, “scintilla” in russo, è il nome di una delle principali riviste del nascente movimento bolscevico, fondata nel 1900 da Lenin), e in secondo luogo perché si uniscono idealmente ai “fratelli d’oltreconfine” riprendendo il nome di una delle squadre nazionali dell’Albania enverista: lo Shkëndija Tirana cioè la squadra dell’Istituto Superiore di Cultura Fisica “Vojo Kushi”, l’ISEF albanese. La squadra della capitale albanese è la meno celebre del trio delle società legata allo stato, dopo Partizani e Dinamo, legate rispettivamente a Ministero della Difesa e degli Interni: proprio nella stagione 1979-80 la squadra retrocede nella serie B schipetara. Il trait d’union è quindi sottile, quasi impercettibile.
Dopo un’iniziale interesse delle autorità jugoslave, che non vedevano di cattivo occhio queste associazioni albanesi, il club viene bollato come nazionalista e secessionista. I rossoneri (un’altra scelta identitaria, visto che sono i colori della bandiera albanese) avevano infatti scalato rapidamente le gerarchie del calcio locale. Riportiamo dal sito ufficiale della squadra: «partito dalle serie inferiori della ex Jugoslavia, lo Shkëndija è riuscito a vincere il campionato nella stagione 1979/80 che ha garantito la promozione in Terza Lega. Dopo essersi aggiudicati anche il titolo in Terza Lega, lo Shkëndija è arrivato in Seconda Lega». Risultati che avevano portato a seguito ed entusiasmo fra la comunità albanese e allo stesso tempo venivano visti in modo molto sospetto dalle autorità jugoslave.
Tito è morto da poco, nelle zone più calde del sud, gli albanesi fomentati da Tirana tentano il colpo di mano e reclamano l’indipendenza. L’11 marzo del 1981 all’Università di Pristina scoppia una rivolta studentesca, che lascia sul selciato 11 morti e lo stato d’emergenza. Nelle minoranze albanesi cominciano a nascere, seppur clandestini, partiti che si rifanno al movimento enverista e alla Grande Albania. Pochi anni dopo cominceranno a formarsi quei nuclei paramilitari che nel 1991 confluiranno nell’UCK (Ushtria Çlirimtare e Kosovës) di Adem Jashari.
Gli slogan delle proteste sono contro la “borghesia rossa” di Belgrado, a favore del “marxismo-leninismo” e soprattutto “noi non siamo jugoslavi, siamo albanesi”. Da Tirana, Enver Hoxha, sopravvissuto all’eterno nemico Tito, elogia il movimento e sostiene apertamente la nascita di una Repubblica Kosovara. Tra il 1983 e il 1986 l’FK Priština, la squadra del capoluogo del Kosovo milita nella Prva Liga jugoslava, grazie all’apporto della “generazione d’oro”, con Xhevdet Muriqi, Fadil Vokrri e Agim Cana. Con una rete del grande Vokrri (che nel 1986 diverrà l’attaccante del Partizan di Belgrado ed ora è il presidente della federcalcio kosovara) nel 1983 il Priština espugna il Marakana di Belgrado.
Una vitalità che spaventa il governo centrale
Impossibilitati a reprimere una squadra così forte e comunque più “controllabile”, essendo già da diversi anni nel novero delle grandi di Jugoslavia, il governo centrale chiude il Shkëndija, nuovo e vivace club difficilmente addomesticabile.
Il 1985 riporta “normalità” dalle parti di Tetovo, con il Teteks che vince il Campionato Repubblicano macedone, in quella che è la sua quarta affermazione repubblicana: 1964/65, 1968/69, 1973/74 e appunto 1984/85.
Quando, nel 1992, la Macedonia prenderà la sua strada, lontana da Belgrado, il Teteks avrà collezionato una presenza in Prva Liga, diciassette presenze nella seconda divisione federale (assieme al Vardar è l’unica squadra macedone ad aver vinto la seconda divisione jugoslava) e tre nella terza divisione.
Il primo campionato macedone per i “Vestiti” è però sfortunato: penultimo posto e retrocessione. Con il Ljuboten in Prima divisione, il Teteks si trova a combattere con un altro Shkëndija, questa volta di Aračinovo (una città vicino a Skopje), nella Seconda divisione del 1993/94, senza però riuscire a conquistare la promozione. Lo Shkëndija di Tetovo invece, ritornato a calcare i campi di calcio collezione promozioni su promozioni ed è ormai a ridosso delle prime divisioni del calcio macedone quando nel 1995/96 conquista la promozione in Prva Liga. Sarà un fuoco di paglia, visto che cadrà immediatamente in Vtorata Fudbalska Liga, ove troverà il Teteks. Gli anni successivi, per lo Shkëndija sono anni di alti e bassi, tra promozioni e nuove retrocessioni.
Appena nel 2010/11 le due squadre di Tetovo si ritroveranno in Prva Liga, con lo Shkëndija che addirittura vince il campionato macedone da neopromossa. A differenza di quanto avveniva durante la Jugoslavia, il ruolo principale a Tetovo oggi lo gioca lo Shkëndija, grazie ad importanti investimenti e al seguito sempre più diffuso della squadra, che si basa sui tifosi “Ballistët”, i “Frontisti”, che prendono il nome dal Balli Kombëtar, il movimento filofascista del nazionalismo grandealbanese.
Il Teteks invece vivacchia tra una bassa classifica in Prva Liga e un retrocessione, vittima di un tracollo finanziario e della compressione dell’economia macedone. Oltre allo Shkëndija, c’è un’altra squadra albanese che gioca nella Prva Liga macedone, lo Shkupi, che gioca a Čair, vicino a Skopje. Shkupi è proprio il toponimo in lingua albanese della capitale macedone.