Tra Occidente e Oriente. Tra Cristianesimo e Islam. Tra passato e modernità. La Siria rappresenta la terra dove sorsero le prime tracce di urbanizzazione. Qui, sul litorale del Mediterraneo, nei pressi dell’attuale Lattakia, durante il regno di Ugarit vennero ideati i primi 30 caratteri cuneiformi alfabetici decifrati da Claude Sheffer. La tavoletta contenente il primo completo alfabeto conosciuto al Mondo e risalente alla Tarda Età del Bronzo (1400 – 1300 a.C.) è esposta al Museo nazionale di Damasco. Alle grandi scoperte archeologiche di Ugarit si aggiungono quelle di Mari e di Ebla. Il merito di quest’ultima, e questo è un altro motivo di particolare orgoglio per l’Italia, spetta alla missione archeologica dell’Università di Roma avviata e diretta da Paolo Matthiae. Ad Ebla, come a Palmira, purtroppo l’ISIS ha lasciato il segno: ha ucciso archeologi, depredato, dissacrato e distrutto, sotto la spinta folle della furia iconoclasta del wahabismo salafita, mettendo in vendita sul mercato clandestino beni archeologici per finanziare la sua lotta armata.
C’è un ricordo che mi tormenta. Quello di padre Paolo Dall’Oglio, il coraggioso gesuita italiano che ha fatto rivivere dal nulla il suggestivo monastero di Mar Musa, uno dei pochi sopravvissuti nella Siria moderna e risalente al VI secolo d.C., e che dal 29 luglio 2013 è scomparso nel nulla. In una lunga conversazione pomeridiana, che conservo tra le cose più preziose della mia presenza su questo mondo, ricordo la sua passione per vedere realizzato uno Stato bi-nazionale israelo – palestinese, dove i due popoli (forse un giorno) potranno finalmente vivere in pace.
Dicono che la guerra in Siria è finita. Sarà, ma dopo quasi otto anni di guerra, 350mila morti e 5 milioni di profughi questo conflitto si sta globalizzando sempre più: questo paese è diventato il banco di prova per i rapporti di forza globali. Sono tanti gli attori, ognuno coi suoi interessi.
Israele bombarda con la sua aviazione obiettivi strategico-militari in Siria legati all’Iran, così i russi hanno la ragione per vendere al presidente siriano un nuovo sistema antiaereo. L’Iran sostiene l’esercito di Damasco con i suoi Guardiani della Rivoluzione e gli Hezbollah libanesi. La Turchia, preoccupata dalla possibile creazione di uno stato curdo ai suoi confini meridionali e orientali, mantiene un contingente permanente in Siria, nella regione ribelle di Iblid e, più a nord, in quella di Afrin, che ha strappato ai curdi: i giornalisti che hanno documentato i traffici petroliferi tra turchi e forze dell’ISIS sono stati incarcerati. Francia e USA mantengono forze speciali di contrasto all’ISIS, ma il presidente Trump ha dichiarato (con il parere contrario del Pentagono) di volersi ritirare da Iblid, dove gli ultimi ribelli sembrano quelli del Musa Dagh armeno. Il governo siriano pare riavvicinarsi alle monarchie del Golfo (sauditi ed emiratini) in funzione “anti-Fratellanza Musulmana”, di contro appoggiata dai turchi. Il presidente del Sudan, agli inizi del dicembre 2018, è stato il primo leader arabo a visitare Damasco dall’inizio della guerra: con l’esito della guerra siriana sempre più favorevole a Bashar al Assad, diversi leader della Lega Araba ricominciano a chiedere che la Siria venga riammessa nell’organizzazione, attratti dal business della ricostruzione. Assad torna ad essere corteggiato e riabilitato.
Anche Trump sta facendo il suo gioco, e si può dire che giochi veramente col fuoco. La sua strategia di abbandono dell’accordo nucleare iraniano e di sostegno incondizionato a sauditi e israeliani potrebbe diventare un boomerang, visto il recente omicidio di Khashoggi e il disastro umanitario dello Yemen alimentato dai bombardamenti sauditi. Il Congresso USA non intende più lasciare le leve della politica internazionale in mano a Trump: sta di fatto che la “ritirata” strategica USA in Medio Oriente sta gettando quest’area strategica in una situazione di anarchia ancora peggiore: la disgregazione iniziò proprio col disastroso intervento in Iraq del 2003.
Ma al di là di tutto, e della complicazione di uno scenario – quello siriano – sempre più difficile e intricato, sorge spontanea una domanda: dopo quasi otto anni di guerra c’è qualcuno che sta pensando anche ai siriani? A Iblid, ultimo territorio in mano ai ribelli, si sono tenute importanti manifestazioni contro il governo e contro i jihadisti. Si tratta dell’ultima flebile voce di resistenza che nessuno più vuole ascoltare. Il destino della Siria si decide altrove. Anche i curdi, dopo i giorni eroici di Kobane, verranno abbandonati dagli USA e vedranno allontanarsi ancora una volta i secolari sogni di autonomia, ritrovandosi di nuovo in pasto alla Turchia.