Non ce ne vogliano i colleghi di Sky Sport, ma i passaggi a vuoto collezionati in questa stagione calcistica cominciano ad essere non trascurabili e un campanello di allarme per tutto il giornalismo sportivo italiano. A partire dalla scorsa estate, quando l’acquisto del fuoriclasse Cristiano Ronaldo, trasferitosi dal Real Madrid alla Juventus, è diventato un acquisto più di Sky Sport Italia che non della società bianconera.
L’arrivo dell’asso portoghese con il quale la Juventus ha rilanciato la propria sfida ai club europei per la Champions League è stato sin dall’inizio vissuto da Sky come l’arrivo di una miniera d’oro per abbonamenti e ascolti. Sin dall’inizio della stagione calcistica 2018/2019 sono fioccati articoli sulla dieta di Ronaldo, gli allenamenti di Ronaldo e altri articoli e servizi corollari che niente hanno a che fare con la cronaca giornalistica e con il racconto dello sport. Il massimo della mortificazione del lavoro giornalistico è stato raggiunto però quando alla redazione di Sky Sport hanno costretto il povero Paolo Leopizzi a ripetere la stessa domanda gossippara e strappalacrime a calciatori ed allenatori, “Quanta emozione vi dà sapere che in Serie A c’è Cristiano Ronaldo?” è la domanda che ha riecheggiato durante l’estate nelle menti di tutti gli appassionati di calcio e oltre.
La ricerca ossessiva dell’abbonato e del telespettatore ha la sua origine nella ridiscussione dei diritti tv avvenuta lo scorso anno, che ha ridefinito la trasmissione radio-televisiva delle partite della Serie A per il triennio 2018-2021. Un contratto tra editori e club importante perché veniva alla fine di un ciclo. Dopo oltre un decennio mediaset si è defilata dal mercato in pay per view abbandonando la nave in perdita di Premium, che in parte aveva scalfito il monopolio assoluto di Sky, soprattutto per quanto riguarda serie tv e calcio (nell’ultimo triennio Mediaset aveva strappato alla tv di Murdoch i diritti per la Champions League). La Lega di Serie A ha ridefinito la tipologia di contratto da stipulare con gli editori: se in passato chi si aggiudicava il pacchetto principale acquisiva il diritto di trasmettere tutte le partite di campionato, nel triennio in corso la Lega ha cambiato le carte in tavola, cercando di elevare il fatturato dei club italiani. Sky ricomprando il pacchetto principale stavolta avrebbe potuto trasmettere soltanto il 70% delle partite di campionato.
A febbraio del 2018 è la società spagnola Mediapro ad aggiudicarsi come intermediaria l’asta della Lega Serie A, offrendo una cifra che per la prima volta superava il miliardo di euro, ma c’è un problema: in Italia la Legge Melandri distingue tra editori ed intermediari, mentre Mediapro è intenzionata a creare un canale ufficiale della Lega che trasmetta parte delle gare di campionato, anche per compensare la mancanza di offerte per alcuni pacchetti, a fronte di un investimento di 1050 milioni di euro, Mediapro ne ha raccolti ad aprile 2018 soltanto 800-850 milioni e in più vuole gestire l’offerta pubblicitaria e il prodotto calcistico, andando ben oltre la partita, si parla di 270 minuti interamente gestiti dalla società spagnola.
Sky Italia fa ricorso e il tribunale di Milano ad aprile sospende il bando di Mediapro, che viene poi definitivamente annullato a maggio 2018. A questo punto la Lega può ridefinire il bando e giungere ad accordi con Mediapro, ma il tempo stringe e le società non possono rischiare di aprire il nuovo anno (i bilanci nel calcio si chiudono il 30 giugno) senza ricevere gli emolumenti dei diritti tv, che con molte società con l’acqua alla gola diventano fondamentali per la sopravvivenza di molti club, perciò la Serie A si accontenta di pochi maledetti e subito e si accorda con Sky, mentre a Mediaset subentra il Gruppo Perform, proprietaria di Goal.com, che con la sua DAZN trasmetterà il 30% delle partite attraverso la piattaforma telematica.
La cifra ottenuta dai club di A è dunque inferiore a quanto desiderato dalla Lega, ma Sky Italia conta di fare il pieno degli abbonati, una volta che Premium è fuori dai giochi, perciò restano i soliti criteri dell’offerta Sky, pacchetti separati tra Serie A e Sport, ai quali si aggiungono i dieci euro mensili di DAZN che il tifoso di una squadra deve tirar fuori se vuole vedere tutti gli impegni della propria squadra del cuore, una cifra che a inizio stagione poteva raggiungere anche i 70-80 euro mensili, un esborso che non tutti i tifosi possono permettersi, e il calcio si sa è uno sport popolare, non per ricchi. Le ultime notizie parlano di una crescita esponenziale degli abbonamenti illegali e dei segnali piratati, per un cifra che sarebbe superiore a quella degli abbonati premium degli scorsi anni.
Insomma Sky fa male i propri calcoli e forse sopravvaluta il valore del proprio monopolio imperfetto nel mondo della pay-tv e gli abbonati non sono quelli attesi dall’azienda. E allora ciò che dovrebbe essere cronaca giornalistica diventa populismo a buon mercato a tratti diseducativo: gli ultimi esempi li abbiamo avuti negli ultimi due giorni, quando il calciatore Son del Tottenham viene trattato come figlio di un Dio minore da Ilaria D’Amico, colpevole di appartenere a “un paese non proprio democratico” come la Corea del Sud (dove invece la democrazia c’è eccome); sempre la D’Amico si dimentica degli scontri accaduti tra tifosi della Juventus e quelli dell’Ajax, ma ha il tempo di definire come “atteggiamento partenopeo” quello dei tifosi dell’Ajax che a tarda notte disturbavano i calciatore della Juventus, facendo baccano sotto l’albergo dove riposavano. Ma si sa Napoli è il capro espiatorio perfetto per il populismo a buon mercato, specialmente se a seguire le serate di Champions siano soprattutto i tifosi della Juventus, avversari in campionato dei napoletani.
Dulcis in fundo il siparietto stucchevole tra il tecnico bianconero Massimiliano Allegri e l’ex allenatore e calciatore Fabio Capello, quando si arriva a sostenere che un calciatore debba farsi colpire la gamba (pericolosissimo) e non saltare l’avversario che interviene in tackle per il solo obiettivo di ottenere un vantaggio sul campo (la presunta espulsione di De Jong dell’Ajax). I giornalisti di Sky Sport che spesso ci hanno abituato a bacchettare atteggiamenti poco consoni allo Sport non hanno avuto il coraggio di censurare un’idea così diseducativa del calcio.
Sebbene nello sfascio del giornalismo sportivo, e non solo, Sky è in buona compagnia purtroppo, da un’azienda che ha approcciato con serietà dal 2003 il nostro paese e che chiede tanti soldi agli abbonati, ci si attenderebbe un minimo di professionalità in più, come ben ci aveva abituato fino a poco tempo fa. Se gli editori hanno la loro legittima aspirazione al profitto, un buon giornalista non dovrebbe dimenticare che si racconta lo sport non per fare il tifo, ma per svolgere il proprio diritto/dovere di cronaca. In fondo lo sport non è altro che lo specchio dell’economia e della società, spesso anche uno scontro di idee e di filosofie riversate su un campo di gioco, e ciò non dovrebbe essere mai dimenticato dagli operatori di settore.