Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e terrorismo di matrice islamista. Si ripropone nuovamente il binomio che sta sbriciolando la retorica buonista di certa politica e dell’holding dell’accoglienza ad essa legato.
Una nuova importante operazione della polizia ha colpito punti nevralgici della rete di Anis Amri, il tunisino autore della strage al mercatino di natale di Berlino, ucciso a Sesto San Giovanni (Milano) il 23 dicembre del 2016, che aveva potuto godere di appoggi e protezione a Latina e nella provincia di Roma.
Cinque le ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Gip del Tribunale di Roma, Costantino De Robbio, nei confronti degli arrestati. In manette sono finiti quattro tunisini, Akram Baazaoui, Mohamed Baazaoui, Dhiaddine Baazaoui e Rabie Baazaoui, che abitavano tra Napoli e Caserta, mentre a un palestinese 38enne, Abdel Salem Napulsi, già detenuto a Rebibbia dal 22 novembre 2017 e finito nell’inchiesta con l’accusa di addestramento e attività con finalità di terrorismo internazionale, è stato notificato l’ordine di arresto.
Tanti ed inquietanti gli incastri e i tasselli dell’indagine denominata “Mosaico”, coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Sergio Colaiocco.
Nel filone “campano”, emerge il ruolo apicale di Akram Baazaoui, considerato il capo dell’associazione a delinquere ipotizzata dai pm, a cui Amri si era rivolto per ottenere documenti con cui lasciare l’Italia sotto falso nome.
L’indagine, condotta dal pm Sergio Colaiocco, è nata proprio dall’analisi dei tabulati del cellulare di Amri.
I reati ipotizzati sono addestramento e attività con finalità di terrorismo internazionale e associazione a delinquere finalizzata alla falsificazione di documenti e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Oltre agli arresti, sono state eseguite perquisizioni nelle province di Latina, Roma, Caserta, Napoli, Matera e Viterbo.
La rete smantellata dalla polizia era formata soprattutto da soggetti provenienti dalla Tunisia, il paese da cui proviene il maggior numero di foreign fighters, e operava in provincia di Latina. Il doppio livello costituito da estremisti e procacciatori di documenti falsi, aveva salde “radici” a Caserta, precisamente nell’agro aversano, a Casal di Principe e Villa di Briano dove abitavano i 4 presunti terroristi islamici coinvolti nel blitz.
A non molti chilometri di distanza da Terra di Lavoro, attorno al centro di preghiera islamico di Latina si muoveva una pericolosa cerchia di radicalizzati.
Si legge testualmente, infatti, che “si è potuto riscontrare che a partire dal periodo in cui Anis Amri era stato presente e fino ai giorni nostri, molti cittadini provenienti dai paesi arabi dimoranti nella provincia di Latina avevano subito un processo di radicalizzazione aderendo all’ideologia propugnata dall’Isis e al suo proposito di realizzare atti di terrorismo nel nostro paese”.
Particolarmente attivo nella propaganda jihadista online era Napulsi. L’uomo aveva scaricato un manuale con le istruzioni per utilizzare carabine ad aria compressa e lanciarazzi.
Napulsi aveva anche cercato di acquistare un pick up adatto a montare armi da guerra. Del gruppo fa parte anche un cittadino tunisino, residente a Latina, arrestato per gravi indizi su una attività di auto addestramento con finalità di terrorismo. Avrebbe visionato video di propaganda jihadista ma anche filmati contenenti informazioni su come comprare ed usare armi da fuoco, e istruzioni per l’affitto di un camion che facevano pensare alla preparazione di un attentato.
Degno di attenzione e di adeguate contromisure da parte non solo dell’intelligence ma del prossimo Governo, è il capitolo riguardante gli sbarchi e l’accoglienza di questi pericolosi migranti.
Akram e il suo braccio destro Mohamed, scrivono gli inquirenti commentando le intercettazioni, “sono informati in tempo reale degli arrivi dei nuovi migranti e si attivano immediatamente per predisporre l’accoglienza di questi a Napoli e il successivo trasferimento in Francia, anzi Mohamed si lamenta dell’eccessivo numero di persone che è costretto a ospitare, ben lasciando intendere che non si tratta di un evento isolato ma di un vero e proprio sistema”.