Spagna, i quattro leader candidati alle elezioni

15.00 Mariano Rajoy cerca accordo con PSOE per il bene del paese. Ciudadanos dichiara che non ci sarà nessun accordo con il PP.

8.00 Il PP vince le elezioni con il 33%, incrementando il proprio consenso rispetto a dicembre e avrà la responsabilità di dover formare un governo. Rajoy esulta: “Questo partito merita il rispetto e il gradimento di tutti”. Maggioranza di larghe intese con il PSOE?
A sinistra Podemos delude le aspettative e si confermano i dati di dicembre scorso: 21,10% e 71 seggi, mentre il PSOE resta il secondo partito al 22,67% e 85 seggi ottenuti. Un’ipotetica alleanza di centro-sinistra avrebbe bisogno adesso di 20 seggi per ottenere la maggioranza, possibile soltanto coinvolgendo 3-4 partiti minori.

21.00 I primi risultati confermano il PP avanti al 31,5%, smentito il sorpasso di Podemos al PPOE. Al PPOE e a Podemos vanno rispettivamente 93 e 65 seggi. Insufficiente per formare una maggioranza. Sempre più vicino il modello della Grande Coalizione.

20.00 Primi Exit Poll confermerebbero il Boom di Podemos ai danni del PSOE. Tuttavia un’eventuale alleanza di centrosinistra potrebbe garantire i 176 seggi necessari per avere la maggioranza alla camera.

PP – 117-121 seggi
Podemos – 91-95
PSOE – 81-85
Ciudadanos – 26-30
Altri

Alla vigilia del voto del 26 giugno non cambia il clima di incertezza che ha colto la Spagna a partire dalle scorse elezioni. Sebbene in Spagna in questo momento vige il divieto di pubblicazione dei sondaggi elettorali, per effetto della Legge Reale (che ne vieta la diffusione nell’ultima settimana di campagna elettorale), fino alle ultime rilevazioni della settimana scorsa, il quadro elettorale prospetterebbe uno scenario non molto diverso da quello uscito fuori dalle elezioni di dicembre.

Ovvero il PP dovrebbe vincere le elezioni di nuovo, ma senza alcuna possibilità di comporre una maggioranza di centro-destra. Gli ultimi sondaggi legali, infatti, davano il partito di Rajoy stabile a circa il 30%, mentre Podemos e Ciudadanos vengono dati in netta crescita a scapito del PSOE (dato a poco sopra il 20%), che infatti dovrebbe cedere il secondo gradino più alto del podio proprio al partito di Pablo Iglesias, attestato in avanti di 5 punti rispetto a dicembre 2015 (25%).

Il rischio è, data sia l’impossibilità numerica di un governo di sinistra PSOE-Podemos (questione catalana a parte che a gennaio scorso ha diviso i due partiti di sinistra), sia l’incompatibilità tra i due partiti di centrodestra Ciudadanos-PP a causa dell’euroscetticismo dei primi, che si ripeta anche in Spagna un film inedito nel paese iberico, ma ormai abituale in Europa: un governo di larghe intese tra centrodestra e centrosinistra, che potrebbe facilmente ottenere la maggioranza assoluta con la partecipazione di partiti minori come il Partito Nazionalista Basco di espressione cristiano-sociale, formando un governo filo-comunitario, che scongiurerebbe un nuovo fronte spagnolo, se non euroscettico, quantomeno critico verso l’establishment europeo.

Scenario che in un momento di forte crisi dell’Europa, acuito dalla imminente uscita della Gran Bretagna dall’Unione, sarebbe più che verosimile. D’altronde è già successo in Francia alle amministrative (contro Le Pen), in Italia con le larghe intese montiane e poi lettiane, è di casa in Belgio, in Grecia ha preceduto i governi Syriza (Pasok-Nuova Democrazia), in Finlandia, in Austria e infine in Germania, paese nel quale la cosiddetta “Große Koalition” ha consentito la Merkel la formazione di ben tre governi. Staremo a vedere.