“PP-PSOE, la misma mierda son”. Era questa una della tante espressioni che energicamente trascinavano le 58 piazze che a partire dal 15 maggio 2011 iniziarono la cosiddetta “Rivoluzione Spagnola”. Al tempo, il tasso di disoccupazione del paese aveva raggiunto la percentuale record nella zona euro del 21,3%, mentre la disoccupazione giovanile aveva toccato il 43,5%. In un contesto di tale crisi sociale, una crisi che accomunava tutti i paesi dell’Europa meridionale, il “Movimento 15-M” era stato una protesta radicale, una mobilitazione contro le politiche europee di austerità in campo economico che sicuramente avevano avuto un peso non indifferente nel determinare quella situazione.

Tuttavia, la “rivoluzione spagnola”, che sfociò poi nel movimento degli “Indignados”, aveva come obiettivo il vero e proprio sovvertimento di un sistema partitico. Dal 1979 in Spagna si è infatti consolidato un sistema bipartitico dove PP (Partido Popular) e PSOE (Partito Socialista Obrero Espanol) si sono alternati al governo del paese: i socialisti guidati dallo storico leader Felipe Gonzalez dal 1982 al 1996 anno in cui subentrò il PP, sostituito nuovamente dal PSOE di Zapatero nel 2004, per arrivare infine al governo del Partido Popular con Mariano Rajoy a partire dal 2011.

Oggigiorno, fra meno di una settimana, questo bipartitismo contestato da quel “Maggio spagnolo” potrebbe arrivare alla sua definitiva conclusione. I partiti del PP e del PSOE infatti, dopo il “fracaso” (fallimento) delle elezioni dello scorso 20 dicembre e il conseguente stallo politico dato dall’incapacità di trovare un accordo di governo prima da parte dell’esponente del PP Mariano Rajoy, poi dal socialista Pedro Sanchez, potrebbero essere definitivamente scalzati nei rispettivi poli dalle forze alternative nate in questi anni. Non solo infatti il ben conosciuto Podemos, partito erede del “Maggio spagnolo” che alle elezioni di dicembre ha ottenuto il 20,66%, ma anche Ciudadanos, guidato dall’avvocato Albert Rivera, che a dicembre ha totalizzato un significativo 13,93%.

Il partito di Rivera, oscillante tra il centro ed il centro-destra, di ispirazione liberale ed europeista, infatti potrà sicuramente logorare ulteriormente la posizione del PP nell’area opposta a quella del PSOE. Lo stesso Rivera, in questi mesi, ha contestato fortemente l’operato del Partido Popular, criticando in particolare l’uomo punta Mariano Rajoy tirando in ballo gli scandali di corruzione che hanno coinvolto lui e il suo partito negli ultimi due anni. Rivera appare dunque ostile a Rajoy, ostilità che aveva già dimostrato con il tentativo, poi fallito, di alleanza con il PSOE di Sanchez per un possibile soluzione di governo post “20-D” (20 dicembre 2015, la data delle scorse elezioni). In questo “26-J” dunque Ciudadanos si pone in una posizione strategica nell’area del centro/centro-destra: Rivera si propone come l’anti-Rajoy dei moderati e, al contempo, cerca di raccogliere voti dai più “tiepidi” fra i socialisti. Ciudadanos come mina vagante quindi, un pericolo sia per PP che per PSOE.

E poi Podemos; il movimento di Pablo Iglesias appare più forte che mai soprattutto dopo la conferma dell’alleanza con Izquierda Unida, partito della sinistra radicale relegato ai margini negli anni del bipartitismo e guidato da Alberto Garzón. Iglesias, che ha nettamente vinto il confronto televisivo dello scorso 13 giugno presso il Palacio Municipal de Congresos di Madrid, si presenta con la coalizione “Unidos Podemos” che si fa portatrice a livello nazionale delle istanze di conflitto sociale nate in molte città spagnole di qui a pochi anni.

In particolare, Podemos ha accettato di farsi portatore delle spinte neomunicipaliste che hanno avuto largo seguito in alcuni centri come Barcellona. Nella città catalana, infatti, alle ultime elezioni comunali ha prevalso il movimento “Barcelona en Comú” guidato da Ada Colau. Ora, Barcelona en Comú e la stessa sua leader, oggi sindaco di Barcellona, nascono da quella “rivoluzione spagnola” del maggio 2011. Ada Colau ha iniziato infatti la sua esperienza politica in “Plataforma de Afectados por la Hipoteca” (PAH), un movimento che agiva contro gli espropri, con un forte radicamento nei quartieri di Barcellona, fatto di attivismo e contatto diretto con le persone. Come riferisce in un’intervista alla rivista Micromega Joan Subirats, politologo fondatore dell’Instituto de Gobierno y de Políticas Públicas (IGOP) e docente universitario all’università Autonoma di Barcellona “sia Podemos che Barcelona en Comú sono figli del 15M.

Gli Indignados, più che un movimento, rappresentano una nuova filosofia, una scuola del cambiamento. Una rottura col passato e con l’agire politico della vecchia politica. Nelle piazze si evidenzia un problema di deficit democratico, di mancanza di rappresentatività e di assenza di prospettive per molti giovani.

Subirats poi, riguardo alle elezioni del prossimo 26 giugno, parla di “un cambiamento epocale, il colpo di grazia al bipartitismo spagnolo”. Con Unidos Podemos, quel “Movimento 15-M”, quella sinistra alternativa dei sindaci come la catalana Ada Colau, ha dunque la concreta possibilità di compiere il sorpasso a sinistra sul PSOE. Ad oggi, il PSOE è quotato al 21% e in netta discesa, mentre Unidos Podemos sarebbe secondo i sondaggi al 25%. Se ciò venisse confermato, allora sarebbe certamente il colpo di grazia al trentennale bipartitismo spagnolo. Un nuovo, piccolo “Omaggio alla Catalogna”.