Enrico Mentana

Enrico Mentana non resiste dal dire la sua anche sulle elezioni tedesche che hanno sancito il successo del partito euroscettico Alternative Für Deutschland e la crisi della coalizione di centro-centrosinistra che ha visto il proprio consenso ridimensionarsi di oltre 5 milioni di voti.

Voti che presumibilmente si sono spostati verso posizioni critiche nei confronti degli ultimi governi tedeschi fortemente filoeuropeisti, premiando in primis il partito della destra populista ed euroscettica di AfD.

Un risultato che dovrebbe lasciare spazio a delle riflessioni approfondite sulla situazione economica e sociale tedesca, ma per il direttorissimo del TGLA7, Enrico Mentana, l’analisi del successo di AfD è presto fatta. Sono dei bifolchi nazicomunisti della Germania dell’Est che non hanno mai conosciuto la democrazia e mal digeriscono le illuminate politiche liberali della Merkel: questo più o meno il pensiero del giornalista sul suo profilo facebook.

Perché non dire la cosa più semplice, che nelle zone dell'Est della Germania più che la ripulsa verso la Merkel e i…

Posted by Enrico Mentana on Tuesday, September 26, 2017

Peccato che se si conoscessero un po’ meglio le vicende tedesche sarebbe noto che la provenienza di una cospicua fetta dell’AfD viene dalla destra liberale che nel 2013 era sparita dal parlamento.

Delle elezioni federali tedesche sembra che molti abbiano colpevolmente ignorato il dato dell’FDP, partito dei liberali con il quale la cancelliera nominata Merkel dovrebbe costituire (insieme ai Verdi) il nuovo governo Merkel IV.

Il FDP ha governato già con la Merkel nel secondo governo della cancelliera alla guida del CDU/CSU nel 2009, quando il partito guidato da Guido Westerwelle ottenne circa il 14% dei consensi. Tuttavia appiattitosi verso le politiche centriste e cristianodemocratiche della Merkel il Freie Demokratische Partei comincia a entrare in crisi tra il 2010 e il 2011 quando la crisi dell’Eurozona comincia ad incalzare anche l’economia tedesca.

Di ideologia liberale sia nel campo sociale che nel campo economico gli elettori del FDP hanno con la crisi punito l’alleanza con i cristianodemocratici, sostenitori della riforma del lavoro Haartz e di un certo tipo di welfare, sui quali i liberali (anche in Germania) puntano il dito indicando la spesa pubblica come causa della crisi.

Tra il 2010 e il 2013, l’FDP perde molti dei suoi seggi negli Stati federali, causando nel 2011 la le dimissioni di Guido Westerwelle. Nel 2013 il FDP non riesce ad entrare in Parlamento ottenendo dai sei milioni circa del 2009, due milioni e mezzo di voti, numeri che non gli fanno raggiungere lo sbarramento al 5% necessario per entrare nel Bundestag. Nel frattempo un altro partito si candida per la prima volta alle elezioni federali ottenendo più di due milioni di voti, ma neanch’esso riesce a superare lo sbarramento: è proprio l’AFD.

Sebbene sia difficile su due mani compiere analisi del voto che richiedono calcoli e procedimenti lunghi e complessi, è facile ipotizzare come una parte del consenso elettorale perduto da FDP sia finito sin dalle prime battute verso gli euroscettici dell’AfD.

Alternative Für Deutschland diversamente da ciò che credono e fanno credere i  pocoinformati ha un programma economico vicino a posizioni si potrebbe dire liberali. Secondo il partito guidato fino a pochi mesi fa da Frauke Petry è soprattutto la ingente spesa pubblica del governo tedesco il problema principale dell’economia di Berlino colpita dalla crisi, mentre sul piano europeo l’AfD punta il dito soprattutto sugli stati del Sud dell’Europa che secondo gli euroscettici del Nord Europa vengono supportati dalle politiche della BCE (il contrario di quanto si faccia in Italia, il mondo è bello perché è vario…)

Si evince alla luce di ciò che gli euroscettici tedeschi hanno ben poco in comune con l’evoluzione che hanno avuto i partiti populisti nel mediterraneo come la Lega Nord e il Front National che alla critica all’Eruopa, come è giusto che sia, almeno dal nostro punto di vista, hanno unito una visione economica statalista favorevole al ritorno alla spesa pubblica, in alcuni casi, come quello della Lega, con un’inversione di tendenza netta rispetto al passato.

L’AfD sotto questo aspetto non è il Movimento 5Stelle né la Lega Nord, in Germania l’euroscetticismo da  sinistra rimane nell’alveo dei partiti della sinistra radicale, soprattutto nella Die Linke, partito erede della SED, i socialisti unificati della Repubblica Democratica Tedesca, che nel 2015 si sono opposti alla Troika in Grecia.

Se è vero dunque che la Germania orientale è il maggior bacino elettorale dell’AfD, lo è altrettanto della Die Linke. Un fatto oggettivo che rende vana ogni speculazione sulla minaccia “rossobruna” rappresentata dagli euroscettici tedeschi.

Analizzando il voto di domenica, scopriamo che a guadagnare voti rispetto al 2013 sono l’AfD, ma anche l’FDP che ritornerà dunque al Bundestag con ben 80 seggi. Ma da dove vengono questi voti? Il partito della CDU/CSU ha perso in valori assoluti circa 3 milioni di voti rispetto al 2013. Ma AfD e FDP insieme ne hanno guadagnati ben 6 nei confronti delle ultime elezioni federali. A sinistra invece l’SPD perde in valore assoluto circa un milione di voti che sono stati redistribuiti sostanzialmente tra la Die Linke e i Verdi.

Morale della favola è che se sicuramente l’FDP ha preso i suoi voti necessari per entrare al Bundestag soprattutto dai delusi della CDU. L’AfD si è anch’esso nutrito dell’erosione subita dalla Merkel, ma a differenza dei liberali è riuscito in questi anni anche a formarsi un suo proprio elettorato, che effettivamente poggia le basi nella ex DDR, dove anche a livello locale ha ottenuto i migliori risultati elettorali come nel caso del Meclemburgo-Pomerania Anteriore, Berlino e Sassonia-Anhalt.

Possiamo quindi tranquillizzare i lettori e gli amici di Mentana: non c’è nessuna imminente avanzata dei barbari e bifolchi illiberali, ma semplice insoddisfazione economica proveniente da quei luoghi della Germania unificata che non hanno raggiunto quello sviluppo economico sperato e non sono per nulla soddisfatti delle politiche del lavoro della SPD/Merkel, come appunto la Germania orientale. Il partito dell’AfD va ricordato però che prende i suoi voti ovunque, segno che l’insoddisfazione verso le politiche della Germania degli ultimi anni ha una dimensione nazionale e non è confinata a una specifica realtà. L’AfD appena l’anno scorso ha ottenuto il 15% dei consensi in Baden-Württemberg e il 12% in Renania-Palatinato.

In fondo più che il risultato delle elezioni fa meraviglia lo stupore degli europeisti messi di fronte a questi risultati. Un’altra prova che per i fautori dell’Unione Europea la democrazia e il popolo sono un ostacolo, ciononostante continuano a tacciare coloro che li criticano di essere fascisti e antidemocratici. in realtà  se ci si prendesse la briga di andare a vedere il risultato delle federali del 2009 ci si renderebbe conto che la situazione è esattamente identica a quella attuale. Oggi il CDU/CSU viaggia al 32,9%, nel 2009 aveva il 33,9%, la FDP invece aveva il 14%, ciò permise un governo di centrodestra. Oggi con il ritorno dei Liberali ci si avvia verso un altro governo di centrodestra, ma c’è la novità AfD che ha rosicchiato qualche voto. A sinistra rispetto al 2009 resta quasi tutto invariato con qualche perdita di voti sia per SPD che per la Die Linke.

Un’offerta quella tedesca abbastanza democratica e plurale che testimonia una certa “offerta” di idee nonostante la Merkel sarà a capo del governo per la quarta volta consecutiva (alla faccia della sciocchezza che si racconta in Italia che un politico dopo due mandati deve andare a casa). Ma questo agli europeisti non basta, loro sono contenti quando prendono la maggioranza assoluta o quasi del parlamento, come è successo nel caso di Macron alle legislative francesi, dove il partito presidenziale ha ottenuto oltre il 43% dei consensi. Una bella idea di democrazia non c’è che dire.

Molto grave quindi che queste considerazioni non abbiano neanche sfiorato per un momento la coscienza di Enrico Mentana, ormai completamente prigioniero del proprio personaggio social. Davvero un peccato per chi dovrebbe essere un giornalista ormai navigato.

Con questo messaggio assurdo del direttore del telegiornale di LA7, siamo di fronte a un altro episodio di giornalismo di comodo e di scarsa qualità in Italia.

Del resto è più facile impostare il proprio lavoro su retorica e demagogia democratica, soprattutto quando ormai si è dei volti arcinoti della televisione, studiare invece è sempre più faticoso e difficile che chiacchierare e questo Mentana lo sa sin troppo bene.