
Ieri sera Stati Uniti e Iran sono arrivati a un passo dalla guerra. Secondo il New York Times, alle 19 (ora di Washington) il presidente americano, Donald Trump, aveva dato il via a un attacco mirato contro obiettivi iraniani per rispondere in maniera forte all’abbattimento del drone spia Usa, un Global Hawk prodotto dalla Northrop Grumman, avvenuto ieri nel Golfo.
Gli aerei erano già in volo e le navi erano erano in posizione, poi è arrivato lo stop del tycoon. Per ora dalle parole non si è passati ancora ai fatti, anche se dei funzionari statunitensi hanno riferito al Wall Street Journal che “una futura risposta militare all’Iran non è stata esclusa”.
Donald Trump su Twitter ha confermato che gli Usa erano pronti ad una rappresaglia contro l’Iran per il drone abbattuto ma ha ritirato l’ordine dieci minuti prima di attaccare, giudicando l’azione“ non proporzionata”.
….On Monday they shot down an unmanned drone flying in International Waters. We were cocked & loaded to retaliate last night on 3 different sights when I asked, how many will die. 150 people, sir, was the answer from a General. 10 minutes before the strike I stopped it, not….
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) June 21, 2019
Tra gli obiettivi individuati dagli Stati Uniti per i raid vi era il sistema missilistico terra-aria Neva/Pechora S-125, un sistema sovietico noto all’alleanza militare occidentale della Nato come SA-3 Goa, ha spiegato un funzionario del Pentagono a Newsweek.
L’arma dovrebbe essere la stessa usata per l’abbattimento del drone anche se i Pasdaran hanno annunciato di aver usato il 3 Khordad, una variante del sistema missilistico terra-aria Raad prodotto in Iran.
Il motivo della retromarcia statunitense è sconosciuto, almeno a livello ufficiale. Ma fonti accreditate lo attribuiscono alla spaccatura interna all’amministrazione americana, con i falchi anti-iraniani John Bolton, consigliere per la sicurezza nazionale, Mike Pompeo, segretario di Stato e la direttrice della Cia, Gina Haspel, contrapposti ai dirigenti del Pentagono, preoccupati per i rischi che l’attacco avrebbe comportato per le forze americane presenti nella regione.
Nel frattempo l’Agenzia federale per l’aviazione civile degli Stati Uniti ha escluso i voli americani da una parte dello spazio aereo iraniano, sopra lo Stretto di Hormuz e il Golfo di Oman a causa delle “accresciute attività militari e all’aumento delle tensioni politiche nella regione, che rappresentano un rischio per le operazioni dell’aviazione civile statunitense e possibili errori di calcolo o errata identificazione”.
L’ambasciatore a Teheran della Svizzera, Markus Leitner, è stato convocato al ministero degli Esteri della Repubblica islamica. Durante l’incontro, l’assistente del ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif, Mohsen Baharvand, ha affermato che l’Iran non intende fare guerra a nessun Paese, ma che non tollererà alcun atto di aggressione.
Trump riflette, mentre il trio Bolton – Pompeo – Haspel schiuma di rabbia. Il “deep state” vuole ancora una volta la guerra. Le diplomazie, anche quelle sotterranee, sono al lavoro per evitare il peggio. Intanto il Paese degli ayatollah si prepara a difendersi. Il comandante delle Guardie della rivoluzione islamica di Teheran, il generale Hossein Salami, in un discorso trasmesso in diretta dalla tv statale iraniana ha detto che “i nostri confini sono la nostra linea rossa” e l’Iran “risponderà a ogni aggressione straniera e la nostra reazione è, e sarà sempre, categorica e assoluta”.