Questo intervento è stato realizzato come parte della conferenza internazionale conference “Terrorism: State and Non-State Sponsored Versions” organizzata da TerrorSpring, una fondazione iraniana che lotta contro il terrorismo.

Nel dicembre 2023 si verificano nell’area di confine tra Iran e Pakistan attacchi aerei e incursioni delle guardie di frontiera di Teheran. Le tensioni sono presto superate, infatti il 16 dicembre, al Forum economico di Davos il ministro degli Esteri dell’Iran, H. Amir-Abdollahian, dichiara: “In territorio pakistano abbiamo affrontato solamente terroristi iraniani… nessun civile del Pakistan, Paese amico e fratello, è stato colpito da missili e droni iraniani. E’ stato bersagliato il gruppo Jaish al-Adl, un gruppo terrorista iraniano che si rifugia in luoghi della provincia pakistana del Balochistan”.

In gennaio 2024 l’ex ambasciatore e ministro degli Esteri del Pakistan, Shamshad Ahmad Khan, in una trasmissione della TV pakistana riconosce la legittimità delle preoccupazioni della Repubblica Islamica dell’Iran sulla minaccia terroristica ai confini e critica il Pakistan per le misure inadeguate nel prevenire attacchi terroristici presso i confini iraniani. Ahmad Khan afferma anche che gli Stati Uniti e il regime sionista sostengono deliberatamente e finanziano il gruppo Jaish al-Adl proprio con lo scopo di danneggiare le relazioni Iran-Pakistan e la sicurezza regionale.

Jaish al-Adl, “Armata della Giustizia”, designata organizzazione terroristica da Iran, Giappone, Nuova Zelanda e USA, ha collaborato con gruppi separatisti curdi e ha denunciato l’intervento iraniano nella guerra civile siriana. Da anni il gruppo terroristico, fondato nel 2012 e combattente per l’indipendenza del Sistan iraniano e del Balochistan, conduce azioni terroristiche contro l’Iran dal territorio pakistano.

E’ perciò necessario un approfondimento sul Balochistan, regione geografica, arida e montuosa che si affaccia sul Mar arabico e si estende a cavallo di tre confini (Iran, Pakistan e Afghanistan). É abitata dalla comunità etnica Baloch, per lo più nomade, che si considera emarginata – nonostante le ricchezze del territorio in gas naturale, carbone e minerali – ed esclusa dai vantaggi economici e commerciali offerti dal porto di Gwadar sul Mare Arabico, punto d’arrivo del corridoio economico intermodale Cina- Pakistan (CPEC), ramo della Nuova Via della Seta (BRI).

L’indipendentismo nel Balochistan pakistano ha avuto inizio nel 1948 con la cessione al Pakistan del preesistente dominio britannico, il Khanato di Kalat. Il trattato di cessione, pur garantendo l’indipendenza del Khanato, rimetteva al Pakistan tutte le funzioni di governo. Così la regione ha vissuto una serie di insurrezioni separatiste/irredentiste, tese a realizzare il “Grande Balochistan”.

In Pakistan è la provincia più grande (capitale Quetta) e più a rischio terrorismo: in questa regione sono esplose rivolte nel 1948, 1958–59, 1962–63 e 1973–1977 in cui era coinvolto il Balochistan Liberation Front (BLF) gruppo fondato da Jumma Khan nel 1964 a Damasco e che ha svolto un ruolo importante anche nell’insurrezione del 1968-1973 nelle province iraniane del Sistan e del Balochistan. L’insurrezione del BLF fu sconfitta sia in Pakistan che in Iran e il gruppo sembrò cancellato per riemergere nel 2004 sotto la guida di Allah Nazar Baloch con attacchi contro civili, giornalisti, funzionari governativi e militare (in gennaio 2023 rivendicazione del BLF dell’attentato al mercato del pesce di Turbat). Questa nuova insurrezione a bassa intensità a partire dal 2003 ha dato grossi problemi di sicurezza sia al Pakistan che all’Iran, entrambi chiamati a confrontarsi con i locali gruppi del jihadismo sunnita. Le rivendicazioni etno-nazionaliste per una maggiore autonomia dal Pakistan si sono saldate con le proteste relative alla distribuzione delle risorse, che il governo pakistano è accusato di sbilanciare a favore della maggioranza etnica Punjabi. Nella zona si stanno rafforzando, oltre all’estremismo jihadista di matrice sunnita, anche l’irredentismo anti-indiano.

Oggi il più importante gruppo militante nell’area di confine è il Baloch Liberation Army (BLA), il più grande nella galassia di movimenti indipendentisti. Il movimento BLA, nato nel 2000, raccoglie l’eredità dei movimenti degli anni ’70 (soprattutto del BLF); leader è Khair Bakhsh Marri, appartenente ad una delle due potenti tribù (Marri e Bugti) che occupano vaste aree nel nord (Marri) nelle principali zone estrattive e nel sud (Bugti) vicino allo strategico porto di Gwadar. Ai separatisti e nazionalisti sunniti del BLA da una decina di anni si aggiungono gruppi, come il già nominato Jaish al-Adl e Ansar Al-Furqan altro gruppo armato iraniano Baloch sunnita e anch’esso operativo in Iran. Dal 2013, anno del primo attacco di militanti del gruppo Jaish al-Adl, Iran e Pakistan si guardano con sospetto. Ciascuna parte incolpa l’altra di aver chiuso un occhio sui militanti. Il Pakistan afferma di aver condiviso prove con l’Iran sulla presenza in Iran dei separatisti Baloch che lanciano attacchi transfrontalieri contro le truppe pakistane e sostiene di aver arrestato membri di Jaish al-Adl responsabili di attacchi in Iran.

Tutto questo preoccupa per la “frattura” che si potrebbe creare nell’ambito dell’alleanza BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa). Se infatti dal 1°gennaio 2024 Egitto, Etiopia, Arabia Saudita, Emirati Arabi uniti – e soprattutto Iran – sono entrati ufficialmente a far parte dei BRICS, anche il Pakistan ha richiesto di partecipare. E la Cina da parte sua raccomanda a tutti moderazione, spendendosi per attenuare le frizioni. Comprensibile, dunque, la soddisfazione con cui i media occidentali denunciano questo accendersi di conflitti in un’area prossima a Israele – Palestina – Libano – Yemen – Mar Rosso. Di fatto, i focolai di terrorismo sono in gran parte conseguenza della politica occidentale neocoloniale che ha armato dovunque gruppi anti-sciiti e condotto una devastante guerra di sanzioni. Le recenti azioni di terrorismo eterodiretto in Iran ne sono la prova: 3 gennaio 2024 nella città di Kerman vicino alla tomba del generale iraniano Qassem Soleimani (87 morti e centinaia di feriti) rivendicato da IS e l’uccisione di 11 poliziotti nella città di Rask, nell’est dell’Iran.

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