Sono passati esattamente 34 anni da quel 15 ottobre 1987, data del brutale omicidio del presidente del Burkina Faso, Thomas Sankara, e di dodici dei suoi più stretti collaboratori. Quel colpo di Stato non solo portò al potere l’ex amico di Sankara, Blaise Compaoré, mandante dell’omicidio sostenuto dai servizi segreti di altri Paesi, tra i quali Francia e Stati Uniti, ma pose fine alle speranze di riscatto di tutto il popolo burkinabé e di gran parte del continente africano.
Oggi, finalmente, i suoi assassini sono stati chiamati a comparire in giudizio per rispondere delle loro azioni. Il numero uno degli imputati è naturalmente Blaise Compaoré, presidente autoritario del Burkina Faso dal 1987 al 2014, quando le rivolte popolari lo hanno costretto a lasciare il Paese per rifugiarsi nella vicina Costa d’Avorio. Compaoré e il suo ex braccio destro, il generale Gilbert Diendéré, che un tempo era a capo del reggimento di sicurezza presidenziale sono accusati di complicità in omicidio, danno alla sicurezza dello Stato e complicità nell’occultamento di cadaveri.
Compaoré, che nonostante le prove schiaccianti ha sempre respinto le accuse di aver orchestrato l’omicidio, sarà processato in contumacia dal tribunale militare della capitale, Ouagadougou. I suoi avvocati, Pierre-Olivier Sur e Abdoul Ouédraogo, hanno infatti annunciato che il loro assistito non avrebbe partecipato a “un processo politico, viziato da irregolarità”, ed inoltre hanno insistito sul fatto che godesse dell’immunità come ex capo di Stato.
Diversa è la situazione di Gilbert Diendéré, 61enne che probabilmente finirà i propri giorni in carcere. Costui sta infatti già scontando una condanna a venti anni per il colpo di Stato orchestrato nel 2015 contro il governo di transizione allora guidato da Michel Kafando. Diendéré aveva allora tentato di portare i militari al potere, ed in effetti era stato il presidente de facto del Burkina Faso tra il 17 ed il 23 settembre, prima che venisse restaurato il governo di transizione.
Tra gli accusati figura anche Hyacinthe Kafando, un ex capo sottufficiale della guardia presidenziale di Compaoré, che secondo le ricostruzioni avrebbe guidato in prima persona la squadra d’assalto che ha dato vita all’attentato contro Sankara. Hyacinthe Kafando è l’unico altro imputato a non essersi presentato in tribunale all’apertura del processo, lo scorso 11 ottobre, oltre a Compaoré.
Dopo la prima seduta, il giudice Urbain Meda ha deciso di rinviare il processo di due settimane, al 25 ottobre, su richiesta degli avvocati Eliane Kaboré e Maria Kayili, che hanno dichiarato di non aver avuto abbastanza tempo per studiare tutta la vasta documentazione del processo.
Sul Sidwaya, la principale testata nazionale, è intervenuto a tal riguardo il ministro della Riconciliazione Nazionale, Zéphirin Diabré. “L’avvio di questo processo avviene nel contesto dello svolgimento del processo di riconciliazione nazionale”, ha dichiarato il leader dell’Unione per il Progresso e il Cambiamento (Union pour le Progrès et le Changement, UPC). “Sebbene il procedimento sia iniziato molto prima, è chiaro che questo processo fa parte di questo percorso che si basa sull’uso molto intelligente del trittico verità-giustizia e riconciliazione”, ha detto.
“Questi sono quelli che chiamiamo crimini di sangue nel gergo della riconciliazione. E un processo è sempre un’opportunità per scoprire la verità e per fare giustizia”, ha proseguito Diabré, che era già stato ministro del Commercio tra il 1992 ed il 1994, e ministro dell’Economia tra il 1994 ed il 1996. “Il mio primo desiderio è che questo processo possa portare alla manifestazione della verità in modo che si possa veramente sapere cosa è successo. Questo rasserenerà i cuori e poi ci permetterà di considerare le forme di riconciliazione più appropriate per unire tutti e guardare nella stessa direzione”. Dopo la caduta di Compaoré, Diabré aveva assunto la posizione di leader dell’opposizione all’attuale presidente Roch Marc Christian Kaboré, ma successivamente ha assunto l’incarico ministeriale alla Riconciliazione Nazionale.
L’inizio del processo contro gli assassini di Sankara è stato reso possibile grazie alla consegna di numerosi documenti d’archivio da parte della Francia, ex potenza coloniale dell’Alto Volta – come il Paese era allora denominato – e fortemente implicata nell’omicidio del presidente Sankara. Lo scorso 17 aprile, l’ambasciatore francese a Ouagadougou, Luc Hallade, ha consegnato al Burkina Faso il terzo e ultimo lotto di archivi sul dossier Thomas Sankara: “La Francia ha rispettato i suoi impegni in merito alla promessa del suo presidente, Emmanuel Macron, di mettere a disposizione del Burkina Faso gli archivi francesi sul dossier Thomas Sankara. Dopo i primi due lotti inviati alle autorità del Burkina Faso nell’ottobre e nel dicembre 2018, la Francia ha appena trasferito nella ‘terra degli uomini integri’ il terzo e ultimo lotto di fascicoli classificati ‘top secret’”, riportava allora l’articolo a firma di Abdoulaye Balbone sul Sidwaya.
“Questo testimonia l’eccellente cooperazione tra i due Paesi. Ci auguriamo che questi documenti, oltre al lavoro svolto dal gip del Tribunale militare, facciano luce su questo caso atteso da tutto il mondo“, aveva affermato Maxime Koné, ministro delegato all’Integrazione Africana. In effetti, come affermato da Koné, non solo il Burkina Faso, ma il mondo intero attende l’esito di questo processo per conoscere la verità definitiva sulle ultime ore di Thomas Sankara e su quali siano stati gli interessi reali che hanno portato al brutale colpo di Stato contro il “Che Guevara africano”. Per quanto riguarda i documenti inviati dalla Francia, invece, permangono ancora alcuni dubbi: davvero Parigi ha inviato tutti i documenti a propria disposizione, oppure ha rivelato solo quelli meno compromettenti?
Per approfondire consigliamo la lettura di: Thomas Sankara – Discorsi e interviste del rivoluzionario burkinabé (Vol. 1)