E’ morto nella notte dello scorso 22 marzo Tomas Milian, al secolo Tomàs Quintin Rodriguez, l’attore che diede vita ai personaggi dell’Ispettore Nico Giraldi e de “er Monnezza”. Il decesso è avvenuto all’età di 84 anni, a Miami, per un ictus. Nato nel piccolo villaggio cubano di Marianao, vicino a L’Avana, il 3 marzo del 1933, era figlio di Tomàs, generale del regime di Gerardo Machado, poi arrestato in seguito al golpe di Fulgencio Batista.
Il 31 dicembre del 1946 il tredicenne Tomas assistette al suicidio del padre (secondo la sua testimonianza questi, fortemente depresso dopo il ricovero in un ospedale psichiatrico, s’era sparato un colpo di pistola alla testa) e nel 1957, due anni prima del trionfo della Rivoluzione Castrista, lasciò Cuba per gli Stati Uniti, dove ottenne la cittadinanza.
Qui s’iscrisse all’Università dell’Accademia Teatrale di Miami per poi trasferirsi a New York, una delle mete più agognate dagli attori teatrali e non solo. A folgorarlo era stata la recitazione di James Dean in “La Valle dell’Eden”. Nella Grande Mela lavorò alla “Actors’ Studios” di Elia Kazan e Lee Strasberg, frequentando i teatri di Broadway. Notato inizialmente dala NBC, che lo ingaggiò per la serie televisiva “Decoy”, venne poi addocchiato da Jean Cocteau, che con Giancarlo Menotti gli propose di partecipare al “Festival dei Due Mondi” di Spoleto. Si trovò così a recitare ne “Il Poeta e la Musa” di Zeffirelli e fu un successo.
In Italia arrivò alla fine degli Anni ’50, al pari di altri cittadini sudamericani che sognavano o il mondo del cinema o quello delle corse, ispirati da molti loro connazionali di successo: a sua detta, solo “con cinque dollari in tasca”. Quello che sembrava l’approdo di un disperato si trasformò alla fine in un successo: oltre cento, infatti, furono i film dove Tomas Milian si trovò a recitare.
Tra gli Anni ’60 e gli Anni ’80, in pratica, si trovò a girare almeno uno o due film all’anno, partendo dalla collaborazione con grandi autori come Lattuada e Visconti, Maselli e Pasolini, Dennis Hopper e Liliana Cavani fino ai “polizieschi all’italiana” o “poliziotteschi” Anni ’70 dove interpretava l’Ispettore Nico Giraldi e successivamente il suo personaggio cult, “er Monnezza”. Ma nel frattempo numerose erano state le sue comparse e partecipazioni anche a produzioni d’alto profilo, come ad esempio “Il Lavoro” e “Boccaccio ’70” di Visconti. Come intermezzo fra i grandi film degli Anni ’60 e i polizieschi d’azione degli Anni ’70, vi erano poi stati gli “spaghetti western” di Sollima e Corbucci, e tante altre opere.
Ma fu dal 1976 che, col personaggio di Sergio Marrazzi detto “er Monnezza”, in “Il Trucido e lo Sbirro”, Tomas Milian entrò veramente nel cuore degli italiani. Il personaggio, ispirato al vigoroso poliziotto italiano Maurizio Merli, s’evolverà lentamente nell’Ispettore Nico Giraldi. Numerosi furono gli episodi della serie, da “La banda del gobbo” a “Delitto in Formula Uno”. Non mancherà pure, negli Anni ’80, una presenza nella cosiddetta “commedia sexy all’italiana” con Edwige Fenech, un genere cinematografico che tuttavia a quel tempo, al pari del poliziesco all’italiana, risultava ormai sul viale del tramonto.
Successivamente vi furono partecipazioni nel cinema d’autore come “La Luna” di Bernardo Bertolucci, che gli fruttò il Nastro d’Argento, e “Identificazione di una donna” di Michelangelo Antonioni. Nel 1989 ritornò negli Stati Uniti dove ebbe ruoli minori ma non privi d’importanza in “JFK” di Oliver Stone, “Amistad” di Steven Spielberg e “Traffic” di Steven Soderbergh. La sua ultima fatica fu “The Cuban Hamlet”, un film documentario dove ritornava a Cuba, città in cui mancava dal 1956, incontrando dopo tutti questi anni i suoi compatrioti e i giornalisti cubani, ai quali confidava che questa era la chiusura ideale della sua lunga carriera.
Tomas Milian, comunque, pensava di vivere ancora per un po’, come testimoniato dall’amica Monica Cattaneo che così ha raccontato: “La settimana scorsa, l’ultima volta che ci siamo sentiti, mi chiedeva di riportarlo a Roma perché aveva deciso che voleva vivere a Roma gli ultimi anni della sua vita e morire nella città che aveva visitato l’ultima volta quando era stato premiato alla Festa del cinema”.
Nel 2014 aveva infatti ricevuto il Marco Aurelio d’Oro, il premio alla carriera del Festival del Cinema di Roma, presentando l’autobiografia “Monnezza Amore Mio”. Secondo quanto riportato dal suo testamento, Tomas Milian ha espresso la volontà di venire cremato.