Anche quest’anno, esattamente come l’anno scorso, alcuni giornali italiani si sono prodotti in strani articoli riguardanti il presunto diniego del Ramadan da parte delle autorità di Pechino. Bisogna però dire come, rispetto ad un anno fa, l’invettiva anti-cinese si sia fortemente attenuata: sono infatti molte meno le testate che le hanno dato credito ed ospitalità. Tuttavia, poiché il tema continua in un qualche modo a tenere banco, riteniamo opportuno, nei nostri limiti, offrire una qualche rettifica.
Nel Ningxia come nello Xinjiang così come in tutte le altre regioni caratterizzate da un’importante presenza della comunità musulmana, i cittadini cinesi stanno infatti tranquillamente festeggiando il Radaman. Del pari, essi possono festeggiare tutte le altre celebrazioni della religione musulmana, al pari di tutti gli altri cittadini cinesi che in base alle loro tradizioni o riferimenti religiosi – Taoismo, Buddhismo, Confucianesimo – celebrano tutte le loro festività. Di recente si sono tenute infatti le grandi e sontuose celebrazioni per il primo grande Imperatore della Cina, l’Imperatore Giallo, mentre proprio in questi giorni si sta festeggiando il Festival del Dragone, all’insegna d’importanti regate su tutti i corsi e gli specchi d’acqua cinesi.
Nello Xizang Tibet si tengono continuamente festeggiamenti dedicati alla figura del Buddha o del Panchen Lama, il suo massimo interprete e rappresentante in terra tibetana. Sarebbe ben ridicolo dire che una Cina che s’appresta a riconoscere, anche all’interno del proprio territorio, la figura del prossimo Dalai Lama, al contempo neghi ai suoi cittadini musulmani di festeggiare il Ramadan. Non vi è, in tutta questa diceria, alcunchè di credibile.
Forse per chi è portato a fare l’equazione Islam = terrorismo, le dicerie riguardo una Cina che neghi il Ramadan ai propri cittadini musulmani può apparire come credibile o addirittura appagante. E qui si registra subito un grande corto-circuito all’interno del perimetro di coloro che biasimano la Cina in nome dei diritti umani. Chi ha inventato questa falsa notizia, infatti, l’ha fatto pensando che fosse utile a dare un’immagine tirannica ed anti-religiosa del governo cinese. Ma gran parte dei lettori di costoro hanno invece gradito la fandonia, in nome di quello stesso anti-islamismo che proprio da loro aveva mutuato ed appreso.
Bisogna stare attenti con certe campagne, perché sono solo armi a doppio taglio che fanno male a chi le fa. La verità, in ogni caso, è sempre l’unica ad uscirne vincitrice.
Oggi in Cina esistono oltre 45mila moschee (libaisi, tempio della preghiera) la cui costruzione è autorizzata dal governo. Già nel 1955 era stato creato l’Istituto islamico di Cina con l’obiettivo di ‘formare imam che avessero sentimenti patriottici e fossero fedeli all’Islam’.
L’Associazione islamica di Cina ( prima assemblea nazionale del 1953), ogni anno organizza viaggi per l’Hajj, il pellegrinaggio alla Mecca, sotto il controllo del governo. Nel 2005, 7000 cinesi sono arrivati alla Mecca per l’Hajj, nel 2007 ne sono stati registrati 10.700.
Le campagne pro o contro l’Islam vengono fatte solo per uso appropriato come strumento per aizzare uno contro gli altri i popoli che non hanno vedute “comuni” con i potenti occidentali della terra … Ora la Cina viene visto come un pericolo … Poi sarà la Russia,poi l’India e via dicendo …