L’economia globale si muove a rilento e affronta rischi e preoccupazioni che frenano le aspettative di crescita. Incertezze economiche e politiche hanno portato prima l’Ue, poi FMI e Banca Mondiale, ad abbassare la previsione di crescita mondiale.
Un recente Report pubblicato da due importanti associazioni di esperti contabili (ACCA e IMA) mostra aspettative eterogenee per zone geografiche e dati abbastanza confortanti per la maggior parte dei Paesi asiatici. Questa, che è considerata una delle più complete indagini oggi a disposizione per la vastità del campione utilizzato, evidenzia il deciso incremento dell’indice di fiducia delle imprese appartenenti l’area area Asia-Pacifico, nel secondo trimestre del 2016 (1).
Determinante per questa zona è il contributo della Cina. Come si evince dalla figura riportata sotto, il confidence index cinese e gli investimenti governativi attesi sono in forte aumento nel secondo trimestre del 2016. Le aziende, dunque, ripongono crescente fiducia negli interventi che il governo sta ponendo in essere per stimolare la transazione economica soprattutto nel campo del welfare e delle infrastrutture.
CINA
In un contesto di rallentamento dell’economia globale, la Cina ha mantenuto una crescita costante durante la prima metà del 2016 che si attesta al 6,7%. La transizione verso la“new economy” sta introducendo nuove tecnologie, nuove industrie, nuovi modelli di business e soprattutto nuovi prodotti. La crescita cinese, infatti, non si può più misurare in termini di aumento della produzione industriale. François Perrin, gestore del fondo China Environmental di East Capital evidenzia che: “I passeggeri registrati dalle compagnie aeree sono cresciuti dell’8% nel corso dell’ultimo anno, le sottoscrizioni di contratti 4G sono aumentate del 60% e il prezzo delle proprietà in cento città della Cina hanno registrato un incremento del 4 per cento”, in più “…cinque milioni di veicoli elettrici dovrebbero arrivare sulle strade della Cina entro il 2020” (2). L’Ocse conferma il ruolo decisivo che stanno ricoprendo il turismo, le telecomunicazioni e i servizi finanziari. La loro evoluzione tocca gran parte dell’area asiatica determinando, sempre secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, la solidità dell’indice di fiducia di Cina, India e Thailandia e fa cresce quello di Indonesia e Filippine.
Come concordato da alcuni studi, tra cui l’Outlook recentemente pubblicato dalla rinomata società di consulenza Lazard Asset Management, i timori riguardanti il “tracollo” dell’economia del Dragone risultano per lo più infondati nonostante sussistano alcune incertezze riguardo l’esplosione del debito privato. L’attuale tasso di crescita del PIL, infatti, supera quello del debito, il che conferisce un certo margine di flessibilità per la gestione dell’indebitamento e facilita l’implementazione di soluzioni di lungo periodo.
Lazard sostiene che i Non Performing Loans, cioè i crediti in sofferenza, sono aumentati considerevolmente ma è già stato fatto molto per attenuare le conseguenze negative che probabilmente verranno spartite tra governo, famiglie e banche, senza provocare crisi. Generalmente, il fatto che il debito sia in valuta nazionale e il sistema finanziario sia relativamente chiuso sta decisamente agevolando le politiche correttive e il circostanziarsi dell’effetto panico (3).
La domanda aggregata rimane debole, ma questo è acclarato sia un problema globale. L’alta propensione al risparmio della famiglie cinesi certo non aiuta visto che, nonostante gli aumenti salariali, il consumo ammonta a solo il 35% del PIL e il tasso di risparmio delle famiglie è pari a circa il 30% del reddito disponibile.
Anche sul fronte lavoro lo scetticismo pervade l’economia mondiale. Buoni segnali arrivano tuttavia dalle azioni volte alla promozione dell’occupazione e dell’imprenditorialità messe in atto dal governo cinese. Il surplus di manodopera proveniente da comparti ad alta intensità di lavoro e il suo trasferimento verso il settore dei servizi, non è certo indolore. Per questo motivo, il governo sta lavorando duramente per sviluppare l’istruzione e la formazione professionale, migliorando al contempo il sistema di protezione sociale.
EUROPA
Secondo il “Global economic conditions survey report: Q2, 2016” nell’Europa centrale regna il nervosismo dovuto all’effetto Brexit e permangono i problemi riguardanti la deflazione e la generale stagnazione economica. Non sorprende dunque il risultato del sondaggio che riporta il crollo delle aspettative delle imprese dell’Europa occidentale.
Il risultato viene totalmente stravolto con l’aggiunta dell’Europa orientale, dove la Russia fa la parte del leone.
Diversi organismi internazionali e player finanziari (come Morgan Stanley) hanno, infatti, alzato le previsioni di crescita della Russia: la stretta della politica monetaria e la ripresa del rublo hanno fatto diminuire le pressioni inflazionistiche, in più, il recupero del prezzo del petrolio ha spianato la strada della stabilizzazione.
Secondo gli esperti russi “l’economia russa si è adattata alla nuova realtà”. Come dichiarato dal vice-ministro dello Sviluppo Economico, Aleksej Vedev, per la fine del 2016 ci si attende un PIL a crescita nulla, con la possibilità di una minima deviazione in positivo. Allo stesso tempo, la crescita della produzione industriale per la fine dell’anno dovrebbe attestarsi intorno allo 0,3 per cento. Per quanto riguarda l’inflazione, le previsioni del Ministero per quest’anno scenderanno sotto il 6% (per la precisione 5,8-5,9 per cento) (4). Per il Fondo Monetario Internazionale, invece, l’indice di crescita rimarrà negativo per l’anno in corso, intorno al -1,2%, comunque migliore del -1,5% previsto lo scorso Maggio.
(1) Global economic conditions survey report: Q2, 2016. IMA & ACCA, Giugno 2016.
(2) https://blog.moneyfarm.com/it/economia-mercati/lanalisi-di-spence-sul-new-normal-dell-cina-tra-errori-e-speranze/#
(3) Outlook on Emerging Markets. Lazard Asset Management, Giugno 2016
(4) https://www.intesasanpaolo24.com/editoriale/268/