Quasi quattro anni anni dopo, ci risiamo. La lunghissima contrattazione del governo Conte con la Commissione Europea, al netto delle opinioni divergenti, è, senza timore di esagerare, una mera ripetizione addolcita del massacro greco del 2015, allorquando, dopo un referendum popolare fondamentalmente annullato, lo stivale di cuoio della Troika si abbattè sulla testa di una Grecia ormai esanime a terra, uccidendola per sempre.

Una sorta di repressione militare, effettuata però con i carri armati della speculazione e del ricatto. Il copione è sempre lo stesso: allorquando uno Stato o un popolo cercano di rialzare la testa, il “governo ombra” sovranazionale europeo entra in azione, usando le leve del terrorismo economico e non solo. Puntualmente iniziano le minacce verbali, i messaggi in codice e gli avvertimenti inviati tramite organi di stampa amici (in primis giornali finanziari e/o legati alla catena mondialista).

Si alza lo spread, la “strategia della tensione” circonda la vittima e la costringe a cedere. Il “cane feroce” Europa ha agito come suo solito: forte con i deboli, debole con i forti. Ripetuti tentativi di azzannare la Gran Bretagna si sono risolti con diverse bastonate da parte di quest’ultima, e con la UE che ora si tiene a distanza, meditando altri attacchi. Con la Francia di Macron (il cui equilibrio psichico di “uomo amorfo” del potere inizia a vacillare, come trapela da diverse fonti), il cane feroce è stato scodinzolante e accondiscendente, con uno sforamento del defict del 3% immediatamente accordato senza se e senza ma.

E con l’Italia? La UE ha cercato di tenersi a distanza di sicurezza da eventuali reazioni, ma non si ha rinunciato minimamente ai suoi intenti naturali di aggressione. Perchè la UE non farà prigionieri? E’ bene ricordare, ancora una volta, la sua natura ordoliberista e la sua precisa volontà di tornare a un ordine sociale prenovecentesco.

Il tutto si può sintetizzare con le parole del defunto Tommaso Padoa Schioppa, fedele europeista fino alla fine: “Nell’Europa continentale, un programma completo di riforme (…) dev’ essere guidato da un unico principio: attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l’individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità”.

Oppure, ancora, basta leggere un documento di JP Morgan del 2013: “i sistemi politici della periferia meridionale (…) mostrano una forte influenza delle idee socialiste (…) presentano le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori (…) la licenza di protestare se sono proposte modifiche sgradite (…) abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)”.

Ovvero, la presenza di elementi di solidarietà sociale e di welfare nelle costituzioni è vista come un “ostacolo”. Naturalmente facciamo a meno di elencare ancora una volta tutte le personalità italiane che negli anni hanno offerto i loro servigi a JP Morgan, così come a Goldman Sachs ed altre eccelse istituzioni liberiste, portandone fedelmente le istanze all’interno dei parlamenti.

C’è una linea rossa sottile che lega tutti le dichiarazioni “antipopolo” degli eurofili, dal “bamboccioni” del suddetto Padoa Schioppa, allo “sdentati” dell’instabile Macron, passando per gli ormai famosi “analfabeti funzionali” o “becero populismo” diffusi fra i quadri minori di matrice progressista. Il disprezzo per concetti come giustizia ed equità sociale, è espressione della precisa volontà di fare piazza pulita di quelle istanze popolari che, sotto l’una o l’altra bandiera, possano essere riconducibili a una generale concezione di “socialismo”.

Non è possibile una rinuncia all’obiettivo, non è fattibile una strada alternativa. La società deve ritornare ad essere divisa fra elites e sottomessi. Sinora, fino a prova contraria, non c’è stata una sola azione che dimostrasse un’inversione di marcia in tal senso. Per questo occorre capire che ogni “concessione” accordataci dal regime sovranazionale europeo, è solo un rinvio dell’attacco. Le elites economiche a capo di esso, vogliono semplicemente il redde rationem.

L’ennesima capitolazione di fronte alle imposizioni di Bruxelles deve rendere chiara, agli occhi della popolazione, la sua natura di dittatura di fatto. Solo da questa presa d’atto dovrà partire un’azione di contrasto che, con tempi molto lunghi e non senza costi umani altissimi, porterà la UE all’ exitus naturale di ogni regime che si rispetti, ovvero il crollo sotto le sue stesse contraddizioni interne.

Filippo Redarguiti