Il percorso che condurrà il Regno Unito alla Brexit, cioè all’uscita dall’Unione europea è ancora in divenire.
Secondo le ultime dichiarazioni del Primo ministro Theresa May il divorzio dall’Ue sarà duro, sposando quindi la linea più euroscettica del partito dei Tory, addirittura disposta a sacrificare fin da subito il mercato unico e il sistema doganale europeo in nome di una Gran Bretagna indipendente e sovrana.
Il governo d’oltremanica ha più volte rassicurato i cittadini che intende onorare il responso referendario del 23 giugno, impegnandosi a riottenere, tra i vari obiettivi, il pieno controllo delle frontiere (con la possibilità di gestire autonomamente l’immigrazione intraeuropea), nonché il primato delle corti britanniche rispetto a quelle europee.
Nei piani della May quindi c’è il rifiuto di una adesione parziale dell’UK all’Unione, ma non la rinuncia a portare avanti rapporti bilaterali con i singoli Stati membri: “l’uscita dall’Unione non significa una Gran Bretagna isolata, bensì una Gran Bretagna veramente mondiale, una nazionale grande, globale e commerciale, che negozi liberamente con qualsiasi parte del Mondo“.
Il Gabinetto inoltre, a dispetto della tradizione liberista anglosassone, ha annunciato anche interventi economici per il rilancio delle aree deindustrializzate del nord d’Inghilterra, che prevedono investimenti su infrastratture, banda larga, trasporti, energia.
Le mosse del Primo ministro non hanno allontanato gli investitori stranieri, e contrariamente agli scenari catastrofisti ventilati dagli esperti economici, la Silicon Valley si è impegnata in notevoli investimenti e creazione di posti di lavoro a Londra, in particolare Snapchat ha annunciato che la capitale inglese ospiterà il suo quartier generale internazionale, ed anche Facebook ha da poco dichiarato l’intenzione di aprire una nuova sede a Londra.
Oltre che a livello economico, la Brexit è stata promossa anche politicamente: il neopresidente americano Donald J. Trump ha definito l’uscita dell’UK dall’Unione europea “una grande cosa“, annunciando un futuro patto con il Regno Unito e augurandosi che molti altri Paesi possano decidere di seguire l’esempio inglese.
Tuttavia, il percorso che condurrà alla nuova Gran Bretagna non potrà essere immediato, così come auspicato dalla May: la Corte Suprema ha respinto il ricorso del governo e confermato la posizione già stabilita dall’Alta Corte di Londra, per cui sarà necessario il voto del Parlamento al fine di dare inizio alla procedura fissata dall’art. 50 del Trattato di Lisbona; sebbene il leader Laburista, Jeremy Corbyn, abbia dichiarato che intende rispettare la volontà popolare, non sono da escludere emendamenti – all’atto parlamentare promosso dal governo – a scopi ostruzionistici.
La May Ha anche illustrato il percorso della Brexit in 12 punti:
- Certezza ogni volta che possiamo. “Ci sarà bisogno di fare compromessi, i quali richiederanno immaginazione. Nessuno sarà capace di prevedere ogni cosa in ogni tappa del percorso.
- Una Gran Bretagna più forte. Ciò grazie alla riconquistata sovranità, che ristabilirà la supremazia dei giudici inglesi su quelli europei.
- Rafforzare l’Unione (i rapporti fra i 4 membri della Gran Bretagna). La May si impegna a consultare Scozia, Galles e Irlanda del Nord, ma non accetta alcun tipo di veto.
- Una “Schengen” con l’Irlanda.
- Controllo dell’immigrazione proveniente dall’Europa.
- Garantire i diritti dei cittadini della UE in UK e viceversa.
- Proteggere i diritti dei lavoratori.
- “Free trade”. “Questo non vuol dire essere membri di un singolo mercato.”
- Nuovi accordi di libero scambio con altri Paesi. Conseguenza del precedente.
- Cooperazione riguardo la ricerca scientifica e tecnologica. La May non ha approfondito il punto, e nemmeno il successivo.
- Combattere crimine e terrorismo.
- Evitare di finire in un Limbo politico. La May non vuole una cessazione brusca dei rapporti con la UE, ma neppure far vegetare l’UK in una sorta di Limbo politico.
Mauro Gagliardi