E’ ormai passato un anno da quando il caro Giovanni Mazzola ci ha lasciati. Era ottobre, un giorno grigio e piovoso. Anche il tempo, a suo modo, partecipava a quel lutto.

Ebbi modo di conoscere Mazzola nell’estate del 2015, al matrimonio di Marco e Girom. Inizialmente un po’ riservato, quasi schivo, ben presto si dimostrò invece molto affabile e disponibile. Gli proposi così di ritrovarci nei giorni successivi, per un’intervista dove m’avrebbe raccontato la sua lunga storia, perché di fatti e cose da raccontare ce n’erano veramente tante. E così fu.

Ci incontrammo a Pontedera, in provincia di Pisa, dove stava coi parenti. Mazzola faceva spesso la spola fra l’Italia e l’Eritrea, e in questo momento si trovava a Pontedera per curarsi un brutto male. In quel momento sembrava che il peggio, per la sua salute, fosse passato e che la guarigione fosse vicina. Ma, purtroppo, in seguito quel male avrebbe riavuto il sopravvento.

A quell’intervista il buon Mazzola teneva particolarmente, perché secondo lui c’erano troppi aspetti da rettificare su quanto si raccontava di lui e del suo paese, l’Eritrea. Parlammo per due o tre ore di tutto, seduti al tavolino di un bar insieme al cugino: delle molteplici esperienze nello sport, del successivo lavoro come sarto, della ditta di trasporto fondata per dar da lavorare ai fratelli, del suo impegno per la riforestazione dell’Eritrea, dell’aver propagandato il ciclismo non soltanto in patria ma anche nel resto dell’Africa, dal Sudafrica all’Egitto.

Lo rividi pochi mesi dopo, a Pisa, in occasione della festa per i 25 anni dell’Indipendenza Eritrea: in quell’occasione incontrò la vittoriosa squadra di ciclismo eritrea, appena reduce dai suoi trionfi, e capitanata da Daniel Teklehaimanot. Fu per lui, decano del ciclismo eritreo, una grandissima soddisfazione incontrare i propri rampolli e successori. Al termine della festa, non esitò a far aspettare i suoi parenti ancora qualche minuto per concedersi l’ultimo ballo. Simpaticissimo ed imprevedibile anche in questo.

Ed è proprio così che lo voglio ricordare: come una persona dotata di un’ironia, di una dignità e di uno spirito d’iniziativa a dir poco incontenibili.

Filippo Bovo