Un regalo inaspettato alle opposizioni interne ed esterne, una mossa politicamente stupida, anche per tempi, modi e stile di comunicazione, e, soprattutto, un capitombolo rovinoso in un momento molto delicato. La storia della presunta “manina” che, secondo il vicepremier Luigi Di Maio, avrebbe modificato il testo del decreto fiscale, collegato alla manovra, inserendo delle norme sul condono e lo scudo fiscale per i capitali all’estero prima di inviarlo al Quirinale, ha dato la stura ad una colata di fango e scherno sul governo giallo-verde, aprendo una crepa pericolosa tra Lega e M5S.

L’accusa lanciata dal vicepremier e leader dei 5 stelle durante la registrazione di “Porta a Porta”, con annesso annuncio della presentazione di una denuncia in Procura, irrita il Quirinale che, con una nota secca, fa sapere che non è pervenuto alcun testo. Indispettita anche la Lega che smentisce le modifiche e invita l’alleato al rispetto di quanto concordato.

“Il decreto fiscale non cambia. Quello che abbiamo discusso per ore e ore poi ho ritrovato scritto nel testo, con l’accordo di tutti, lo abbiamo firmato tutti. Ognuno si prenda le sue responsabilità”, dice Matteo Salvini da Bolzano.

Salvini nega l’ipotesi paventata dai grillini di tornare al tavolo per ridiscutere le norme contenute nel dl Fiscale: “Quale manina? Per ogni cosa non possiamo incontrarci. Domani sono in Trentino e domenica entro in clima derby (inteso come Inter-Milan, ndr). Io vado avanti come sul tunnel del Brennero, è inutile fare buchi e poi fermarsi”. E ancora: “Non ci sono regie occulte, invasioni degli alieni o scie chimiche. Questo è un governo che non ha timidezze, problemi o complotti contro. In consiglio dei ministri c’erano tutti, non c’ero solo io”.

Il premier Giuseppe Conte prova a smorzare i toni e fa sapere che prima dell’invio al Quirinale, intende rivedere personalmente il testo articolo per articolo. “Sabato il consiglio dei ministri ci sarà perché sono io che lo convoco. Se ci sarà Salvini non lo so”, spiega Conte, aggiungendo: “Porterò il risultato della rilettura e avremo quindi la possibilità di confermare” o “nel caso dirimere qualche dubbio politico che è sorto”. Per il premier la crisi di governo che la quasi totalità degli opinionisti, direttori di quotidiani ed opposizioni vedono in atto con poche possibilità di composizione, “è una prospettiva futuribile, improbabile”.

Contestualmente al fronte interno, si arroventa quello esterno, nonostante l’ottimismo del presidente del Consiglio che da Bruxelles, dove si trova per il vertice del Consiglio europeo, ha fatto sapere di aver approfittato “di questa occasione per illustrare le linee della nostra manovra economica ad alcuni dei nostri principali partner europei, nell’ambito di incontri bilaterali: tra cui Angela Merkel, Emmanuel Macron, Mark Rutte”, esponendo “la posizione italiana in materia di riforma dell’Unione Economica e Monetaria” e richiamando “le principali caratteristiche della nostra manovra economica, richiamando l’ambizioso piano di riforme strutturali e di investimenti che stiamo realizzando”, definita dallo stesso Conte “non in linea con le aspettative della Commissione Europa” ma “ben pensata, ben costruita, ben realizzata per assicurare crescita economica e sviluppo sociale al nostro Paese”.

Bruxelles non mostra ammorbidimenti ed agita la clava del rigore e degli obblighi, inviando a Roma la preannunciata lettera di chiarimenti sulla manovra da parte della Ue al governo italiano.

Il bilancio italiano, per i commissari Moscovici e Dombrovskis, mostra una deviazione “senza precedenti nella storia del Patto di stabilità”, dovuta ad una deviazione dagli obiettivi pari all’1,5%. Nella lettera si sottolinea, inoltre, “un non rispetto particolarmente serio con gli obblighi del Patto” e si chiede al governo di dare una risposta ai rilievi entro lunedì 22 ottobre. Secondo i commissari anche la mancata approvazione del documento da parte dell’ufficio parlamentare di bilancio è “una violazione delle norme Ue”.

L’esibizione muscolare dei commissari Ue impone alle forze di governo risposte politiche adeguate per forma e contenuti. Le manine sono roba da fumetti o fantasie notturne e delegittimano il mandato politico ampio conferito dall’elettorato a M5S e Lega per “cambiare” il Paese. Con il voto di marzo, milioni di italiani hanno chiesto un governo nuovo, non il solito “nuovo” governo che dal 2011 fa i compitini che l’eurocrazia ha assegnato in questi anni a Berlusconi, Monti, Letta, Renzi e Gentiloni. Dopo anni di lacrime e sangue, occorre una speranza. L’almanacco delle farse è già pien