Il Vertice delle Americhe, convocato da Joe Biden a Los Angeles, si sta trasformando in un vero e proprio boomerang per gli Stati Uniti. Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, a destare le proteste di molti Paesi è stata l’esclusione immotivata di Cuba, Venezuela e Nicaragua dall’incontro multilaterale, esclusione alla quale i governi progressisti del continente hanno reagito in maniera diversa. Alcuni (Messico, Bolivia, Honduras, Saint Vincent e Grenadine) hanno deciso un boicottaggio parziale dell’evento, inviando membri di secondo piano del governo, mentre altri, come l’Argentina, hanno utilizzato il palcoscenico del vertice per levare gli scudi contro l’imperialismo statunitense.

Il presidente argentino Alberto Fernández è intervenuto giovedì per criticare le esclusioni di Cuba, Venezuela e Nicaragua, affermando che gli Stati Uniti si sono arrogati un “diritto di ammissione” che non gli spetta: “Perché ciò non accada di nuovo, vorrei chiarire per il futuro che il fatto di essere il Paese ospite del vertice non garantisce la possibilità di imporre un ‘diritto di ammissione’ ai Paesi membri del continente”, ha detto il capo di Stato.

Fernández è intervenuto a nome della Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi (CELAC), di cui è presidente pro tempore, e ha sottolineato che in questa comunità si convive all’interno della diversità dei criteri e del rispetto, perché sebbene i punti di vista possano variare, le preoccupazioni sono molto simili in un contesto così complesso.

Il presidente argentino è andato anche oltre, denunciando il blocco economico illegale che gli Stati Uniti impongono contro Cuba e Venezuela: “L’America Latina guarda con dolore alle sofferenze patite da due popoli fratelli. Cuba subisce un blocco di oltre sei decenni imposto durante la Guerra Fredda e il Venezuela ne subisce un altro. Con misure di questo tipo, l’obiettivo è condizionare i governi, ma in realtà ad essere danneggiati sono solo i popoli”, ha detto.

Poi, Fernández si è rivolto direttamente a Joe Biden, esortandolo a cambiare la linea di politica estera tenuta dagli Stati Uniti nei confronti di questi Paesi: “Gli anni precedenti al suo arrivo nel governo degli Stati Uniti d’America sono stati caratterizzati da una politica immensamente dannosa per la nostra regione attuata dall’amministrazione che l’ha preceduta. È tempo che queste politiche cambino e che i danni vengano riparati”.

Il presidente argentino ha espresso il desiderio che la regione abbia un futuro senza divisioni alla ricerca della prosperità e dell’uguaglianza: “Sogno che in un’America fraternamente unita, ci impegniamo affinché tutti gli esseri umani che abitano il nostro continente abbiano il diritto al pane, alla terra, al tetto e a un lavoro dignitoso”.

Alberto Fernández ha dunque chiesto una vera e propria ristrutturazione delle relazioni interamericane, che vengono gestite da organismi multilaterali troppo spesso asserviti agli interessi degli Stati Uniti. In particolare, il presidente argentino ha fatto riferimento all’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), che è divenuta un mezzo per promuovere la destabilizzazione nella regione, come nel caso del colpo di Stato boliviano del 2019: “L’OSA è stata utilizzata come gendarme che ha facilitato un golpe in Bolivia. Si sono appropriati della guida della Banca interamericana di sviluppo, che era storicamente nelle mani dell’America Latina. Le azioni di riavvicinamento con Cuba sono state interrotte”, ha sottolineato Fernández.

In questo vertice dobbiamo analizzare il presente e proiettare il domani alla ricerca di una ricostruzione creativa del multilateralismo. Un pensiero unico non può essere imposto in un mondo che richiede armonia sinfonica di fronte ai drammi comuni”, ha concluso il capo di Stato sudamericano.

La posizione dell’Argentina su queste tematiche era stata precedentemente espressa anche dal ministro degli Esteri di Buenos Aires, Santiago Cafiero. “Dobbiamo lasciarci alle spalle le pagine tristi della storia e promuovere l’integrazione. L’OSA non dovrebbe mai più legittimare processi di destabilizzazione o farsi coinvolgere in un colpo di Stato come accaduto in Bolivia”, ha detto il diplomatico di fronte al consesso di Los Angeles. “Se le istituzioni chiamate a promuovere lo sviluppo e il dialogo sbagliano strada, alzeremo la voce in difesa dei popoli dell’America Latina e dei Caraibi”.