Bufale

Il presidente dell’Antitrust, Giovanni Pitruzzella, ha invitato i Paesi dell’Ue a dotarsi di una rete di agenzie pubbliche per combattere la diffusione di notizie ritenute “bufale” su Internet, spiegando che questa lotta è più efficace se viene svolta dagli Stati piuttosto che delegarla ai social media come Facebook. In un’intervista al Financial Times, Pitruzzella ha esplicitato meglio i contorni di questa mannaia, suggerendo la creazione di un network di agenzie indipendenti, simili a quelle antitrust e coordinate da Bruxelles, che potrebbero rilevare le bufale, imporne la rimozione e sanzionare chi le ha diffuse.

“Penso a un’autorità pubblica assolutamente indipendente a cui, chi si sente danneggiato, si possa rivolgere per segnalare una notizia falsa e chiedere un intervento rapido che, dopo un sollecito contraddittorio, permetta di arrivare alla rimozione”, ha spiegato Pitruzzella.

Il presidente dell’Antitrust ha ulteriormente estremizzato le idee circolate negli States dopo la disfatta della signora Clinton alle presidenziali, ritenendo più efficace l’affidamento del compito di scovare le bufale ad agenzie statali pronte “a intervenire rapidamente se l’interesse pubblico viene minacciato”, piuttosto che ai social media come Facebook.

Questo il suo pensiero: “Oggi Facebook è il portiere dell’informazione. Al di là dell’algoritmo con cui si pensa di combattere le false notizie, rischia di trasformarsi a sua volta in censore decidendo quali contenuti del suo miliardo e passa di utenti possano circolare o meno. Io penso che questo ruolo di guardiano debba essere esercitato da un’Authority statale che offra garanzie di neutralità ma che sia anche in grado di intervenire con prontezza nei casi più gravi”.

Protettori, finanziatori e beneficiari di una carta stampata sempre più delegittimata e con meno lettori, con il pretesto di contrastare notizie fasulle diffuse da blog o giornali online che utilizzano spesso nomi confondibili con quelli dei colossi, vogliono cucire e legare bocche e mani libere. La spacciano per prevenzione anti-populismo ma è a tutti gli effetti una censura ex post.

A favore di un controllo attento della rete si è espressa circa un mese fa anche la senatrice ex M5S, Adele Gambaro, che ha presentato un rapporto intitolato “Media online e giornalismo: sfide e responsabilità”, votato all’unanimità dalla commissione Cultura dell’Assemblea parlamentare. Il documento verrà discusso dal Consiglio d’Europa al fine di impegnare tutti i Paesi dell’Unione a prendere dei provvedimenti ad hoc.

Per la senatrice cacciata dal Movimento 5 Stelle nel 2013, a pochi mesi dall’inizio della legislatura, per aver rilasciato dichiarazioni lesive per il M5S senza nessun coordinamento con i gruppi parlamentari, “la questione delle notizie false messe in circolazione, in particolare attraverso internet, diventa ogni giorno più urgente e i fatti dimostrano quanto l’argomento sia importante, non solo per chi fa politica ma per tutti i cittadini, per le ripercussioni che può avere sulla democrazia”.

Appena due mesi fa, inoltre, Google Facebook, hanno annunciato che ai siti web che producono o diffondono news ritenute false sarà proibito l’utilizzo del circuito di inserzioni pubblicitarie dei due giganti. I due colossi, non hanno precisato però come faranno tecnicamente ad individuare i siti che non potranno più accedere a Google AdSense e Facebook Audience Network. Si parla genericamente di aggiornamento delle policy, ma resta da capire come sarebbe possibile individuare in maniera certa una notizia bufala, distinguendola da una affidabile.

Vi è infine una soluzione apparentemente più “tecnologica” e meno politica, proposta da Anant Goel, Nabanita De, Qinglin Chen e Mark Craft, quattro giovani studenti statunitensi. Un’estensione per il browser Chrome, sviluppata in appena 36 ore  durante un hackathon presso l’Università di Princeton. Il plug-in, a quanto pare, eseguirebbe una sorta di fact checking di ogni notizia o immagine, con una ricerca sui principali motori ed una comparazione con le altre, scelte in base al prestigio e alla credibilità della loro fonte, per verificare se e che tipo di riscontri abbia l’argomento su diverse fonti esterne.

Un tempo c’erano i tristemente noti tribunali istituiti da Gregorio IX e affidati ai domenicani, oggi le agenzie e gli algoritmi agli ordini di Bruxelles e di Washington. Gli haeretici, i suspecti, i celatores, gli occultatores, i receptatores, i defensores, i fautores e i relapsi dei giorni nostri, sono avvisati: sta per tornare l’Inquisizione.