Solitamente quando sentiamo parlare di Wimbledon, siamo abituati a pensare ad una realtà dove tradizione, rispetto oltre che raffinatezza sono al primo posto; e ciò viene confermato se tutto questo è riferito al ben noto torneo di tennis che si gioca in loco.
Ma in questa storia non parleremo di tennis, e gli aggettivi menzionati precedentemente qui troveranno ben poco spazio; ci accingiamo a raccontare una storia riguardante la dimensione calcistica, ma non di una società calcistica celebre per le vittorie e per i trofei ottenuti. E questa storia si svolge proprio a Wimbledon, sobborgo londinese situato nella periferia sud-ovest della capitale inglese.
La società in questione è il Wimbledon Football Club, club nato nel 1889 e sciolto di fatto nel 2004 per ragioni che vedremo successivamente. Si tratterà in maniera approfondita della storia del Wimbledon F.C. a partire dalla metà degli anni 70 fino allo scioglimento di questa società diventata conosciuta non solo nel panorama britannico, ma anche a livello internazionale, non per il proprio palmarès quanto per i comportamenti poco ortodossi dei propri giocatori dentro e fuori dai campi da gioco, cosa che, come vedremo successivamente, daranno alla squadra il soprannome di “Crazy Gang”.
Fondazione e storia del club
Il Wimbledon nasce nel 1889 ad opera di un gruppo di studenti della Old Central School, oggi non più esistente, situata nel Wimbledon Common, un largo spazio verde adiacente al quartiere omonimo di Londra. Il Wimbledon per decenni ha giocato nelle serie dilettantistiche, come la non più esistente Athenian League e l’Isthmian League, nella quale risultò vincitore per ben otto volte, quattro delle quali durante gli anni trenta. Raggiunse anche per ben due volte la finale di FA Amateur Cup, perdendola in entrambe le occasioni nelle stagioni 1934-35 e 1946-1947.
Successivamente, intorno agli anni sessanta, il Wimbledon raggiunse i margini del professionismo approdando alla Southern League, lega semiprofessionistica del calcio inglese a cui prendono parte le squadre provenienti dal sud del paese, arrivando ad essere vicecampioni al loro esordio nella stagione 1967-1968. Il titolo arrivò nel corso del decennio successivo, periodo nel quale il Wimbledon si impose per tre volte consecutive: dalla stagione 1975 a quella del 1977.
Ma fu durante la stagione 1974-975 della FA Cup che il Wimbledon si mise in evidenza come una delle migliori squadre inglesi sotto il panorama professionistico arrivando fino al quarto turno della competizione, quando dovettero arrendersi al Leeds United di Jimmy Arfield nel replay della partita terminata precedentemente a reti inviolate, che vide i Dons tenere testa ad una squadra che stava per terminare il proprio ciclo vincente proprio nel suo stadio, ad Elland Road. Notare il fatto che il Wimbledon fu la prima squadra non professionista a battere una squadra della allora First Division cioè il Burnley.
L’ingresso nel calcio professionistico
A partire dal 1977 il Wimbledon entrò di fatto nel calcio professionistico partendo dalla Football League. Dopo solo due stagioni in Fourth Division (l’attuale Football League Two) i Dons vennero promossi in Third Division, dove trascorsero una serie di stagioni altalenanti tra la metà e la parte bassa della classifica.
Con l’ingaggio del manager Dave Bassett la squadra, dopo un ritorno in Fourth Division cominciò a dare segni di ripresa, raggiungendo con due promozioni consecutive la Division Two nel 1984. Nella stagione 1983-1984 il Wimbledon si laureò vicecampione della lega di Third Division alle spalle dell’Oxford United, con ben 97 gol stagionali all’attivo. Dopo solamente due stagioni in Second Division il Wimbledon, terzo classificato nella stagione 1985-1986, ottenne il pass per la promozione in First Division, ora chiamata Premier League, cioè la massima serie del calcio inglese, con una vittoria esterna all’ultima partita sull’Huddersfield Town.
L’approdo nella massima serie: la formazione della Crazy Gang
Questo sostanzialmente è il periodo dove viene a formarsi la già citata “Crazy Gang”. Tale gruppo di giocatori del Wimbledon diventò noto alla stampa per i propri metodi poco ortodossi, oltre che bizzarri, nel comportamento che tenevano nei confronti degli avversari: la cattiveria la forza fisica e l’aggressività erano all’ordine del giorno.
Al gioco duro tenuto dai Dons si aggiungevano minacce e insulti, oltre al fatto di preparare agli ospiti un’accoglienza a dir poco orripilante, con gli spogliatoi sporcati appositamente al fine di dare già prima della partita una sorta di avvertimento. E Plough Lane era il santuario di questi “ragazzacci”, che con il benestare del loro allenatore Bobby Goul (successore in panchina di Bassett dal 1987), oltre che dello stravagante proprietario del club Sam Hammam (un libanese trapiantato nel Regno Unito), essi imposero il loro stile di gioco caratterizzato da lanci lunghi e contatto fisico. Così il loro atteggiamento cominciò ben presto a dividere l’opinione pubblica.
L’epopea della Crazy Gang: da Fashanu a Jones
Tra i membri più importanti di quella squadra ricordiamo Dennis Wise, Vinnie Jones, Wally Downes, Lawrie Sanchez, il capitano e portiere Dave Beasant e John Fashanu.
Quest’ultimo era noto in particolare per il suo comportamento violento e scorretto, tenuto nei confronti degli avversari sul campo da gioco come degli stessi compagni di squadra. Inoltre era conosciuto per il singolare rituale di allenarsi poco prima dell’inizio della partita tirando calci e pugni, come se fosse ad un incontro di kick boxing e per l’aspetto elegante che teneva fuori dal campo, quasi mascherando la sua aria da duro. Dai racconti dei suoi ex compagni di squadra sembra che egli tenesse nei loro confronti un atteggiamento intimidatorio condito di offese verbali e violenza fisica, di tanto in tanto poteva anche capitare che gli spogliatoi stessi venissero da lui sfasciati. Jones riguardo a lui disse che era una persona molto divertente, ma che quando si arrabbiava poteva diventare molto pericoloso oltre che violento. Fashanu viene ricordato per un episodio occorso in campo nel 1993, durante un match di campionato contro il Tottenham Hotspurs, quando il difensore nonché capitano degli Spurs Gary Mabbutt si fratturò il cranio in un violento scontro con Fashanu. L’attaccante di origini nigeriane già in passato era stato coinvolto in incidenti di questo genere, come quando con un violento tackle al ginocchio fece finire prematuramente la carriera al giocatore del Norwich John O’Neill o quando Colin Foster lo accusò di avergli rotto deliberatamente il naso durante uno scontro di gioco.
Le imprese di Fashanu superano i confini britannici e vengono abitualmente riprese dalla Gialappa’s Band nel corso della trasmissione Mai Dire Gol all’inizio degli anni ’90.
Jones e gli altri
Gli stessi Jones e Wise non erano da meno quanto a scorrettezze e cattiveria. In particolare Jones sarà conosciuto per quasi tutto il decennio successivo come uno dei giocatori più scorretti e più malvagi, nel vero senso della parola, nella storia del calcio. Il gallese si rese protagonista di azioni di gioco al limite del penale,ad esempio quando colpì con un tackle brutale Eric Cantona alle gambe durante un Wimbledon-Manchester United di FA Cup del 1993, o quando fece di fatto costringere al ritiro Gary Andrew Stevens. Egli detiene altresì il record per la più veloce ammonizione della storia del calcio (3 secondi), rimediata contro il Manchester City nella stagione 90-91, infine ha collezionato in carriera un alto numero di espulsioni, dodici, finendo dietro in questa singolare classifica solamente a Roy Keane del Manchester United, che è a quota tredici.
Ma il fondo Jones lo toccò con la presentazione del video Soccer’s Hard Men dove faceva vedere i filmati di sé stesso oltre che di altri giocatori noti per i loro metodi feroci come Nobby Stiles, Norman Hunter, Graeme Souness e Steve McMahon, in più dando consigli su come commettere scorrettezze ai danni degli avversari. Per questo motivo venne multato di 20.000 sterline e venne squalificato successivamente per tre anni. Durante il periodo della Crazy Gang una delle foto più conosciute riguardanti le slealtà di quel team sarà quella di Jones che strizza i testicoli ad un giovanissimo Paul Gascoigne durante una partita tra i Dons e il Newcastle United.
Anche Dennis Wise si rese protagonista di intimidazioni, rivolte in particolare nei confronti dei nuovi arrivati. Basso di statura ma inconfondibile per la grinta Wise fu in maniera indiscussa uno dei leader e dei simboli di quella squadra. Successivamente egli giocò anche per Chelsea (del quale fu capitano e con cui vinse anche una Coppa delle Coppe), Leicester e Milwall. Alex Ferguson disse di lui: “Wise potrebbe scatenare una rissa in una stanza vuota”. Anche lo stesso ex attaccante inglese Gary Lineker si espresse riguardo al Wimbledon: “il miglior modo per vedere il Wimbledon è sul Televideo”. Sulla Crazy Gang verrà prodotto nel 2014 un documentario, dove vengono raccontati aneddoti riguardanti soprattutto i membri stessi e il clima che si respirava nello spogliatoio. Un ex membro della Crazy Gang, Terry Phelan, racconterà di giocatori distrutti psicologicamente a causa della violenza e degli abusi perpetuati nel clima di intimidazione creato dai membri della squadra, tra cui i già citati Jones e Fashanu. Jones a riguardo sostenne che la Crazy Gang era un covo di disadattati che lottava per emergere, anche nella società stessa.
Lo stesso proprietario Sam Hammam disse che in quella squadra nessuno conosceva la parola disciplina. Si parla addirittura di un episodio nel quale la macchina del difensore Alan Cork, visto come il più tranquillo dell’intera banda, venne incendiata in seguito al rifiuto del tecnico Bassett di concedergli un aumento. Fashanu, il quale in Italia venne conosciuto come “la personcina” nella trasmissione a sfondo satirico Mai Dire Gol, riguardo al periodo turbolento che ebbe al Wimbledon sostenne a sua discolpa che diversi di loro provenivano da ambienti difficili, e che per questo trovavano anche nell’essere duri una maniera di imporsi e di crescere allo stesso tempo. John Fashanu totalizzò 276 presenze per il Wimbledon dal 1986 al 1994, realizzando 107 gol.
Sam Hammam, un buffo presidente
Anche lo stesso proprietario del club già menzionato in precedenza cioè Sam Hammam faceva parte di tutto questo “show” che rese unica la Crazy Gang.
Egli era noto per comportamenti e decisioni che andavano al limite dell’eccentrico: minacciava i giocatori in caso di sconfitta di visite al museo oppure all’ascolto di quattro ore di musica all’opera, ma arrivò addirittura a costringere un giocatore a firmare per la sua squadra, chiudendolo per ore nel suo ufficio. Inoltre era sempre a contattò con la realtà della squadra, rimanendo più volte vicino alla panchina durante i match. Egli rimarrà alla testa della proprietà del Wimbledon fino alla fine degli anni 90, quando venderà agli imprenditori norvegesi Bjørn Rune Gjelsten e Kjell Inge Røkke.
La Crazy Gang alla conquista della Fa Cup del 1988
Il punto più alto raggiunto dal Wimbledon fu indubbiamente la conquista della FA Cup nella stagione 1987-1988, anno in cui gioco la finale contro il Liverpool al vecchio Wembley.
Nella stagione precedente i Dons partivano da esordienti e alla fine raggiunsero un dignitoso sesto posto. Quella fu l’ultima stagione da tecnico del Wimbledon per Dave Bassett, il quale si trasferì al Watford. Con l’arrivo del nuovo tecnico Bobby Gould la squadra non eccelse particolarmente in campionato arrivando tuttavia a un buon settimo posto, ma nella Coppa d’Inghilterra, la competizione calcistica più antica del mondo e forse la più importante nel panorama calcistico inglese, si rese protagonista di una spettacolare cavalcata che la portò ad eliminare in successione West Bromwich Albion, Mansfield Town, Newcastle United, Watford e Luton Town.
Nella finalissima di Wembley si trovò di fronte il Liverpool, società diventata oramai leggendaria dal punto di vista delle vittorie in patria e all’estero. Purtroppo il Liverpool era salito agli oneri delle cronache anche per i tragici fatti dell’Heysel di tre anni prima, a causa dei quali le squadre inglesi erano state escluse per cinque anni, sei anni al Liverpool, dalle competizioni europee. Per questo motivo gli obiettivi maggiori erano solamente quelli in ambito nazionale, rendendo a suo modo il tutto molto più avvincente di quanto già non lo fosse.
I Reds dal canto loro partivano come favoriti, potendo contare in squadra veterani come Bruce Grobbelaar, Steve Nicol e il capitano Alan Hansen, e giovani promesse del calibro di John Barnes, Ray Houghton e Peter Beardsley, inoltre gli Scousers si erano da poco laureati campioni di Inghilterra, vincendo il campionato di First Division (la Premier era ancora di là da venire). I Dons non nascondevano di essere nervosi ma anche emozionati per il raggiungimento di una finale, per la prima volta nella storia del club.
L’avvio della partita vide azioni da entrambe le parti, ma i giocatori del Wimbledon seppero gestire molto bene gli avversari, i quali però avevano dalla loro l’esperienza nella competizione. L’azione più pericolosa dei Reds fu messa in atto da un’abile ripartenza di Beardsley che superò il centrocampo del Wimbledon e passò la palla ad Houghton, il quale sulla fascia destra creò una grande occasione per John Aldridge il cui tiro venne intercettato prima della difesa del Wimbledon e poi dallo stesso Beasant che compì un miracolo su John Barnes impedendo a questo di segnare il gol del vantaggio. Verso la fine del primo tempo accadde l’impensabile: sullo sviluppo di un calcio di punizione calciato da Dennis Wise, Lawrie Sanchez svettò nell’area del Liverpool e con un colpo di testa insaccò alle spalle di Grobelaar: i Dons passarono in vantaggio!
Il Liverpool cercò il gol del pareggio in tutti i modi, e avrebbe avuto la possibilità di pareggiare e riaprire la partita con un calcio di rigore per fallo di Clive Goodyear su John Aldridge, ma David Beasant respinse il tiro calciato dallo stesso Aldridge. Nonostante la grande pressione subita fino al termine della partita da parte degli avversari il Wimbledon resistette e alla fine riuscì a mettere le mani sulla FA Cup.
Alla fine il popolare commentatore della BBC John Motson disse: “The Crazy Gang have beaten the Culture Club!”. Il capitano Beasant e il resto della squadra vennero premiati dalla principessa Diana del Galles in persona e iconiche rimangono le immagini della squadra che solleva il trofeo sul prato del vecchio Wembley, oltre che i festeggiamenti nelle strade di Wimbledon assieme ai tifosi dei Dons, in un mare di bandiere e sciarpe gialloblu. Wimbledon e Liverpool si incontrarono di nuovo a Wembley per la Community Shield dove i Reds si presero la loro rivincita vincendo per 2 a 1 con una doppietta di Aldridge che rispose all’iniziale vantaggio di Fashanu.
Dal paradiso al declino (1989-1999)
La stagione 1988-1989, stagione del centenario della società, vide un calo di rendimento da parte della squadra, che alla fine si classificò dodicesima.
L’ex capitano David Beasant si era intanto trasferito al Newcastle United. Si stava già peraltro parlando dell’ipotesi di trasferire il Wimbledon in un nuovo stadio, considerando inattuabile e troppo dispendioso l’ammodernamento e l’ampliamento dello storico Plough Lane, che aveva bisogno di essere rivisto per ragioni di sicurezza, confermate dal noto Rapporto Taylor emanato poco dopo la strage dell’Hillsborough di Sheffield, in cui morirono 96 persone tra i supporters del Liverpool nel corso della semifinale di FA Cup tra Liverpool e Nottingham Forest. Da quel momento in poi tutti gli stadi avrebbero dovuto avere solamente posti a sedere. La cosa si concretizzerà alla fine della stagione 1990-1991 quando il Plough Lane verrà abbandonato per Selhurst Park, casa dei rivali del Crystal Palace, in attesa di un nuovo ricollocamento. Il Wimbledon condividerà questo stadio con gli Eagles fino al 2003.
Negli anni successivi diversi protagonisti del trionfo in FA Cup del 1988 lasciarono il club. Dennis Wise al Chelsea, Andy Thorn al Newcastle, Vinnie Jones al Leeds United, Terry Phelan al Manchester City e John Scales al Liverpool. John Fashanu rimase ai Dons fino alla stagione 1993-1994 per poi accasarsi all’Aston Villa. Successivamente Jones, dopo le esperienze con Leeds, Sheffield United e Chelsea, nel 1992 ritornò ai Dons. Fu l’ultimo membro dell’originale Crazy Gang ad andarsene e il suo ritorno contribuì a far arrivare il Wimbledon ad un dignitoso sesto posto nella neonata Premier League nella stagione 1993-1994 e tre anni dopo, nella stagione 1996-1997, a portare i Dons fino alle semifinali di entrambe le competizioni di coppa nazionali, dove i Dons si arresero in semifinale rispettivamente contro il Chelsea in Fa Cup e il Leicester City in League Cup.
Il declino cominciò a partire dalla stagione 1998-1999 quando il Wimbledon si classificò 16esimo in classifica, nonostante l’arrivo del bomber John Artson dal West Ham e del raggiungimento in League Cup della semifinale, persa poi contro il Tottenham Hotspurs.
Il trasferimento a Milton Keynes e la scomparsa del Wimbledon FC
Il punto più basso arrivò con la retrocessione del club alla fine della stagione 1999-2000, dodici anni dopo la vittoria in FA Cup. Nessuno della vecchia Crazy Gang peraltro giocava ancora con il Wimbledon quando questi retrocesse in First Division, la vecchia Second Division.
Nell’agosto del 2001 la proprietà decise che la squadra andava trasferita a Milton Keynes, nel Buckinghamshire. Tale progetto peraltro era già stato concepito alla fine degli anni 70, periodo in cui il vecchio patron Ron Noades aveva in effetti valutato quest’idea al fine di dare alla squadra la possibilità di essere più competitiva e di avere altresì un nuovo stadio. Ma alla fine il tutto non venne realizzato. Un’altra proposta di trasferire la squadra a Dublino e giocare il campionato irlandese fu bocciata negli anni 90.
La decisione di ricollocare il Wimbledon a Milton Keynes trovò la strenua opposizione di quasi la totalità della tifoseria Dons, come del resto delle stesse Football League e Football Association. Le motivazioni erano naturalmente di natura economica quanto di portare il prima possibile la società locale ai vertici del calcio inglese, il tutto però importando di fatto un club preesistente della Lega al fine di giustificare la costruzione di uno stadio da 30.000 posti più un’ampia zona commerciale annessa.
Tutta l’operazione venne guidata dal consorzio Milton Keynes Stadium guidato da Pete Winkelman, investitore britannico nel campo immobiliare. Nondimeno fino ad allora la località di Milton Keynes aveva avuto una squadra di calcio che non giocava a livello professionistico. Sostanzialmente però tale progetto non attirò in maniera positiva l’opinione pubblica di Milton Keynes in quanto gli stessi cittadini avevano già accesso alle squadre di Northampton e Luton, che distavano da Milton Keynes non più di 25 miglia,circa 40 km. I critici di tale operazione sostenevano che essa fu messa in atto al solo scopo di aggirare le regole di pianificazione, quindi prendendo un team professionistico che avrebbe consentito il completamento di tutto il progetto, stadio incluso. E dietro tale progetto vi era anche un partner commerciale come la svedese IKEA.
Anni più tardi Winkelman sosterrà di aver sbagliato e di aver provocato una grossa frattura tra i tifosi dello storico Wimbledon e il mondo del business con la decisione del trasferire la squadra a Milton Keynes. Tuttavia attaccherà allo stesso tempo gli ex tifosi stessi del vecchio Wimbledon per aver abbandonato, a detta sua, la squadra quando questa finì in amministrazione nel 2003. Venne smentito su questo da Kris Stewart, uno dei principali oppositori al progetto Milton Keynes e primo presidente dell’AFC Wimbledon, club che nacque per volontà della maggioranza della tifoseria storica Dons dalle ceneri del vecchio e oramai defunto Wimbledon FC.
Il trasferimento e la crisi del club
Nonostante un iniziale respingimento da parte del consiglio della Lega Calcio Inglese con la motivazione che ogni club basato a Milton Keynes avrebbe dovuto seguire il normale iter previsto per un club progredendo cioè per risultati e non con l’ottenimento di una franchigia, Charles Koppel ultimo presidente del Wimbledon fece ricorso contro tale decisione, sostenendo che il trasferimento a Milton Keynes era necessario al fine di evitare la bancarotta della società stessa.
Con il contributo di un apposito consiglio arbitrale formato ad hoc dalla Federcalcio inglese al fine di stabilire se il Wimbledon potesse contestare o meno la decisione della Lega ,il tribunale arbitrale, viste anche numerose prove scritte presentate sia dal Wimbledon che dalle stesse leghe calcistiche britanniche, diede ragione a Koppel sostenendo che la decisione della Lega non era stata presa in maniera regolare. La difesa dell’ex proprietà del Wimbledon puntava a sostenere che sostanzialmente negli undici anni di permanenza a Selhurst Park il Wimbledon non aveva più avuto uno stadio ufficialmente suo e che di fatto il club stesso non aveva un collegamento diretto con il nome Wimbledon né peraltro i tifosi provenivano in maggioranza dal borough di Merton. In sostanza l’unica soluzione possibile era il ricollocamento a Milton Keynes, pur nella possibilità di mantenere anche lo stesso nome Wimbledon.
Un verdetto finale venne determinato da una apposita commissione indipendente composta da tre persone che diede ragione al Wimbledon con due voti a uno, verdetto pronunciato il 28 maggio 2002. Nel frattempo lo storico stadio del Wimbledon e teatro dei maggiori successi del club Plough Lane era stato demolito e sostituito da un complesso residenziale. Nonostante ci fosse la buona volontà di preservare la tradizione del club anche altrove i problemi finanziari già citati, l’opposizione e il boicottaggio dei tifosi del nuovo AFC Wimbledon, nonché l’impossibilità di giocare subito a Milton Keynes, diressero il vecchio Wimbledon verso l’amministrazione nel giugno del 2003.
Winkelman al fine di evitare la liquidazione del club lo acquistò di tasca sua e ha ottenuto finanziamenti per far giocare il club il prima possibile, con nome e colore differenti. Il vecchio Wimbledon FC era ufficialmente morto, nasceva così il nuovo Milton Keynes Dons Football Club.
L’AFC Wimbledon e il presente: nel segno della tradizione Dons
L’AFC Wimbledon che rappresentava la maggioranza dei tifosi dell’ex Wimbledon riuscì ad iscriversi alla Combined Counties Football League, lega semiprofessionistica posta al nono livello della piramide del calcio inglese.
Dopo la loro fondazione nel 2002, l’AFC Wimbledon ha stipulato un accordo di condivisione del territorio con la squadra semiprofessionista del Kingstonian per giocare a Kingsmeadow nel vicino quartiere di Kingston upon Thames.
Il nuovo simbolo della squadra ricalca a suo modo il vecchio simbolo del Wimbledon al fine di garantire una sorta di continuità con il vecchio club, così come i colori stessi, ripresi nella originale combinazione gialloblu. Infatti l’AFC Wimbledon ha sempre sostenuto di essere il successore legittimo del vecchio Wimbledon FC,e per diverso tempo si è combattuta una battaglia perché i nuovi Dons di Kingsmeadow ottenessero questo riconoscimento. Alla fine nell’agosto del 2007 si raggiunse un accordo tra le due parti, dove il Milton Keynes Dons Football Club rinunciava ad ogni pretesa di essere il legittimo successore del vecchio Wimbledon FC e dava l’approvazione di trasferire i trofei di quest’ultimo a Merton, dove si trovavano originariamente prima del trasferimento.
L’AFC Wimbledon ha di fatto riportato l’anima del vecchio Wimbledon tra i tifosi, compiendo in tredici stagioni ben nove promozioni e arrivando ai livelli del calcio professionistico inglese, militando attualmente in League One, la terza divisione del calcio inglese. È in fase di attuazione il progetto del nuovo stadio, che sarà pronto per il 2019, e sarà denominato New Plough Lane in onore del vecchio impianto a poca distanza da dove sorgeva esso.
Trent’anni dopo la storica vittoria della FA Cup i reduci della vecchia Crazy Gang si sono riuniti per una cena commemorativa assieme ai tifosi, ricordando i trionfi passati di quella squadra di quartiere pazza e indisciplinata, ma che indubbiamente contribuì a fare la storia entrando tra le grandi del calcio britannico.