
E’ ormai una notizia nota a tutti: ieri notte, all’altezza del passaggio a livello di Caluso, lungo la linea ferroviaria Torino-Ivrea, il treno regionale 10027 ha travolto un tir che era rimasto fermo sui binari. L’impatto è stato violentissimo ed ha provocato il deragliamento del locomotore e di due vagoni che sono letteralmente rotolati nei campi vicini. Un palo della luce è rimasto abbattuto, mentre i cavi dell’alta tensione, tranciati di netto, sono andati a costituire un nuovo ed ulteriore pericolo. L’adiacente casa cantoniera è stata solo sfiorata e non colpita per miracolo.
Il bilancio è drammatico: due i morti e 23 i feriti, di cui tre gravissimi, a cominciare dalla capotreno che ha riportato una frattura al bacino per la quale è stata sottoposta ad un intervento operatorio d’urgenza. Conforta sapere che l’operazione sia comunque ben riuscita, ma la donna è comunque intubata e in prognosi riservata. E’ rimasta per oltre un’ora incastrata fra le lamiere del convoglio, prima che i soccorritori potessero liberarla.
Per il disastro ferroviario le indagini si concentrano, al momento, sull’autista del tir, il 39enne lituano Darius Zujis. L’uomo, risultato negativo all’alcoltest, è stato interrogato presso la Procura di Ivrea alle 13.00.
Le vittime sono Roberto Madau, il macchinista 61enne alla guida del treno, e Stefan Aureliana, cittadino romeno di 64 anni che conduceva il mezzo di scorta tecnica al tir, un trasporto eccezionale. Gli inquirenti vogliono per l’appunto capire come fosse possibile che un simile trasporto, per legge preceduto da un altro mezzo segnalatore proprio in virtù della sua eccezionalità, sia rimasto proprio imprigionato fra le sbarre del passaggio a livello, determinando quindi un simile disastro.
Scendendo nei dettagli, l’incidente è avvenuto nella frazione di Arè, intorno alle 23.20. Il treno era partito cinquanta minuti prima da Torino Porta Nuova, e alla vista del tir che “dopo aver sfondato le barriere di un passaggio a livello regolarmente funzionante, era fermo sulla sede ferroviaria”, il macchinista ha immediatamente azionato il freno d’emergenza, ma senza purtroppo evitare l’impatto.
Saranno ora le indagini, coordinate dal Procuratore Giuseppe Ferrando, a stabilire l’esatta dinamica e le responsabilità dell’incidente. Quello che soprattutto si chiedono gli inquirenti è quale tipo di comunicazioni siano intercorse fra Trenitalia e i gestori del trasporto eccezionale, che avrebbero dovuto informare con largo anticipo del passaggio del tir. E che soprattutto avrebbero dovuto immediatamente avvisare quando quest’ultimo è rimasto fermo sulla linea ferrata. La prima ipotesi è che Trenitalia non sia stata doverosamente ed adeguatamente informata.
Il Codacons ha subito fatto sapere come “I passaggi a livello rappresentano un pericolo per la sicurezza ferroviaria e per la pubblica incolumità e vanno eliminati del tutto”. In base agli ultimi dati a disposizione del Codacons, tra il 2005 e il 2016 si sono registrati in Italia quasi 200 incidenti gravi in corrispondenza dei passaggi a livello con un bilancio di ben 189 vittime. “Una ecatombe inaccettabile e contro la quale non è stato fatto abbastanza”, continua il comunicato del Codacons.
A fine 2016, riferisce ancora il Codacons, l’ultima relazione dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria indica in 4.620 i passaggi a livello attivi. Il loro numero è stato ridotto del 53% tra il 1990 e il 2016 (erano 9.992), “ma ancora non basta e tali attraversamenti continuano a provocare disastri e mietere vittime”. Carlo Rienzi, presidente del Codacons, continua poi affermando che “I passaggi a livello sono senza dubbio pericolosi e vanno eliminati del tutto, sostituendoli con sottopassaggi o sopraelevate. Le autorità competenti e le Regioni devono intervenire immediatamente mettendo a bando i passaggi a livello e obbligando i gestori delle ferrovie a realizzare passaggi alternativi, anche attraverso sanzioni pesantissime”.
La sopravvivenza dei passaggi a livello, al di là dell’opinione del Codacons che può essere condivisa o non condivisa, è in ogni caso la dimostrazione di come in Italia, sostanzialmente, non si dedichino mai adeguate attenzioni alle ferrovie minori, in particolare a quelle adibite per i trasporti locali e dei pendolari. La mancanza di significativi investimenti e di una politica pubblica e nazionale per la modernizzazione e la messa in sicurezza di queste ferrovie è stata più volte denunciata dai sindacati ma, soprattutto, da incidenti drammatici come quelli che in tempi recenti sono occorsi presso Corato o presso Milano, a tacere poi di quello di Viareggio. A tal proposito anche il nuovo governo sarebbe chiamato a battere un colpo e a fornire una risposta, giacché nel famoso contratto si parla soprattutto della TAV, ma quest’ultima non è certo l’unica ferrovia di cui il nostro paese deve occuparsi.