
MOSCA – Si è aperto il 9 marzo a Rostov, nel sud della Russia, il processo a Nadiya Savchenko, soldatessa ucraina accusata di complicità nell’uccisione di due giornalisti russi nel Donbass nel giugno 2014. In questa occasione, l’imputata ha ripetutamente tenuto comportamenti irrispettosi nei confronti della corte ed ha insultato sia la corte stessa che l’intera nazione russa.
Nel giugno del 2014 due giornalisti della televisione di stato russa RTR, Igor Kornelyuk e Anton Voloshin, si trovavano nel Donbass come reporter. In quel periodo, la Savchenko, allora tenente delle forze armate ucraine, aveva fornito le loro coordinate al battaglione Aidar per un attacco con colpi di mortaio che li ha uccisi. Dopo questo episodio, la soldatessa aveva attraversato illegalmente il confine russo come rifugiata. Catturata dalla polizia, è stata dapprima portata a Mosca ed infine nella regione di Rostov, dove si trova tutt’ora in prigione dal luglio 2014. Durante la detenzione, la Savchenko si è dimessa dall’esercito ucraino dopo essere stata eletta deputato del Parlamento di Kiev da parte delle file dell’Unione Pan-Ucraina “Patria”, di direzione europeista di centrodestra. Recentemente, da Kiev le è giunta l’offerta di diventare Procuratore Generale dell’Ucraina.
Più volte l’Unione Europea ha incitato la Russia a rilasciare la Savchenko, ritenendola prigioniera di guerra e quindi soggetta all’impunità diplomatica. Il Parlamento Europeo è disposto a credere alla sua versione dei fatti, ovvero che sarebbe stata trasportata in Russia contro la sua volontà, e che i due giornalisti si trovassero inavvertitamente nel territorio in cui era stato aperto il fuoco.
Un appello simile sarebbe stato lanciato anche dal Segretario di Stato americano John Kerry, che avrebbe confermato l’illegalità della sua detenzione secondo gli accordi di Minsk. Il fautore dell’appello è stato tuttavia smentito dal governo russo in quanto Kerry, per la natura della sua posizione, non può ignorare che negli accordi di Minsk non è menzionato un caso simile.
Il battaglione Aidar, di cui la Savchenko era collaboratrice, era composto da elementi anti-separatisti ucraini e da elementi stranieri, e nel settembre 2014 è stato riconosciuto colpevole da parte di Amnesty International per crimini di guerra.
Inoltre, nel Donbass non sono nuovi episodi di violenze gratuite ed uccisioni a danni di civili, inclusi anziani, donne e bambini. Il prete russo Vladimir Maretsky, ex prigioniero delle forze anti-separatiste ucraine, racconta di essere stato catturato insieme ad altre 13 persone nel Donbass e di essere stato trasportato in un campo in cui era presente anche la Savchenko. Questa li avrebbe ripetutamente picchiati, torturati e minacciati di morte. Maretsky ricorda il suo sguardo sadico e le sue parole: “Vi useremo per il commercio di organi”.
Intanto, la Savchenko è diventata una sorta di eroina nazionale in Ucraina, dove si sono svolte numerose manifestazioni in suo favore sostenute da alcuni Stati dell’Europa occidentale. In occasione del suo processo, alcuni manifestanti hanno rotto le finestre dell’ambasciata russa a Kiev, ed alcuni suoi sostenitori si aggiravano in funzione di “picchetti” di fronte alle ambasciate russe in altre capitali europee. Tali sarebbero i civili sostenitori dell’EU in Ucraina e che il Parlamento Europeo ha deciso di appoggiare. A Mosca un piccolo gruppo di attivisti liberali ha sfilato di fronte alle telecamere di giornalisti stranieri appositamente invitati in precedenza con lo striscione “Perdonaci Nadiya!”.
Irina, la madre di uno dei due giornalisti uccisi, il ventiseienne Anton Voloshin, ha rilasciato delle interviste ai media russi prima di morire per il dolore causatole dalla morte del figlio. Irina aveva solo 53 anni. Mariana, la sorella di Anton, è in cura in una clinica, e non si è ancora ripresa dallo shock subito.
Sembrerebbe, dunque, che eleggendo la Savchenko ad eroina nazionale, l’Ucraina si voglia scegliere un’icona ambigua come propria rappresentante, entrando in contraddizione con la tanto amata immagine tradizionale delle donne con le trecce in abito tipico. D’altro canto, appoggiando l’Ucraina ed il suo governo sciovinista, anche l’Europa si sta macchiando dello stesso delitto: ha deposto la propria immagine di protettrice e promotrice dei diritti umani, per supportare il girone delle armi e della violenza.
Intanto, il verdetto del tribunale di Rostov verrà pronunciato il 21 e 22 marzo. La nuova eroina rischia fino a 25 anni di prigione.
Silvia Vittoria Missotti
