
A poco più di una settimana dall’appuntamento referendario, Beppe Grillo e il Movimento Cinque Stelle, attesi dalla tappa romana del “Treno Tour per il No”, in programma domani alle 13:30, sono alle prese con la non facile gestione dello scandalo firme false esploso a Palermo e Bologna. “Chi sbaglia va via, senza sconti”, ha scritto Grillo sul suo blog.
Sono almeno una decina le persone indagate nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Palermo sulle firme false per la lista del Movimento 5 Stelle alle comunali del 2012. Si tratta dei deputati nazionali Riccardo Nuti e Claudia Mannino, i parlamentari regionali siciliani Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca, gli attivisti Samanta Busalacchi, Giuseppe Ippolito, Stefano Paradiso e Francesco Menallo, il cancelliere del tribunale Giovanni Scarpello e un decimo esponente che avrebbe avuto un ruolo minore nella vicenda. I deputati regionali La Rocca e Ciaccio, si sono autosospesi dopo l’invito di Grillo dal suo blog.
Il Movimento 5 Stelle ha annunciato, sempre sul blog, la votazione online per comporre il collegio dei probiviri, “organo di garanzia del Movimento previsto dal regolamento approvato online dalla stragrande maggioranza degli iscritti, che ha facoltà di disporre la sospensione cautelare dell’iscritto”. In queste settimane sono state circa 400 le persone ascoltate dalla Digos, chiamate a verificare la veridicità della loro firme.
L’attivista Samantha Busalacchi, indagata nell’inchiesta non fa più parte del gruppo parlamentare dei 5 stelle all’Assemblea regionale siciliana. Busalacchi faceva parte del gruppo parlamentare M5s in qualità di collaboratrice del deputato regionale Giorgio Ciaccio, anche lui indagato nell’inchiesta. Il parlamentare si è autosospeso nei giorni scorsi. Busalacchi, attivista della prima ora del meet-up di Palermo, vicina al deputato Riccardo Nuti, fu accusata, assieme alla deputata Claudia Mannino, anche lei indagata, dall’attivista Vincenzo Pintagro di aver ricopiato le firme a sostegno dei candidati alle comunali di allora. La donna ha presentato la propria candidatura alle comunarie, non ancora celebrate, per la scelta dei candidati alle comunali di Palermo della primavera prossima.
Firme nel mirino degli inquirenti anche a Bologna, dove la Procura ha indagato quattro persone per presunte irregolarità nella raccolta firme a sostegno della lista pentastellata per le Regionali del 2014. Il nome più “pesante” tra i quattro indagati è quello di Marco Piazza, consigliere e vicepresidente del Consiglio comunale a Bologna. Il reato ipotizzato è la violazione della legge elettorale, in particolare dell’articolo 90 comma 2 del Dpr 570 del 1960. I quattro, secondo le indagini del pm Michela Guidi, avrebbero autenticato firme non apposte in loro presenza o in un luogo diverso da quello previsto dal requisito della territorialità o, ancora, in mancanza delle qualità di pubblico ufficiale perché non preventivamente legittimati alla raccolta delle firme.
Dunque non firme false ma irregolarità commesse nella raccolta delle stesse sottoscrizioni. Sotto la lente d’ingrandimento della Procura di Bologna, ci sarebbero almeno venti firme. Le indagini, condotte dai carabinieri di Vergato, sono durate due anni. Oltre mille le persone sentite. Il tutto è partito in seguito ad un esposto presentato da due ex attivisti di Monzuno, Stefano Adani e Paolo Pasquino, che denunciavano presunte irregolarità nella raccolta firme a sostegno delle liste alle Regionali del 2014.
Ostenta tranquillità Massimo Bugani, il leader bolognese del M5S, fedelissimo di Grillo, che ha una sua chiave di lettura del caso delle firme prese al Circo Massimo: “Se un fessacchione ha preso qualche firma a Roma, si dimostrerà che sono firme vere, prese da un fessacchione che poi le ha portate al banchetto e le ha infilate dentro gli altri moduli. Se questo è cio che viene contestato su 1300 firme è risibile”.
E ancora: “Se c’è altro sarà dimostrabile che sono scherzetti fatti da chi è pieno di livore per l’esclusione dalla candidatura”. Un riferimento non troppo velato ad Andrea De Franceschi, ex capogruppo regionale M5S sospeso e poi uscito dal Movimento, a cui i due ex attivisti autori dell’esposto erano vicini.
All’attacco il Pd. “Quattro indagati per le firme false a Bologna, sommati con quelli di Palermo sono dodici. Allora è un metodo, si chiama Grillopoli”. Questo il tweet del vice capogruppo del Pd alla Camera Alessia Morani. Il sindaco Virginio Merola, evidenzia l’effetto boomerang del giustizialismo dei grillini: “Per me uno è innocente fino a prova contraria e non colpevole fino a prova contraria, ma loro hanno creato questo clima e ora ne pagano le conseguenze”.
Sbeffeggia gli ex compagni di partito, via social, Andrea Defranceschi, che non fu ricandidato alle Regionali 2014 anche perché ai tempi indagato come capogruppo per le spese in viale Aldo Moro (l’indagine nei suoi confronti fu poi archiviata): “Beh ovvio, quando tocca a loro un reato è un ‘errore risibile’. C’è una magnifica vista qui sulla riva del fiume. Bacioni”. Clima teso intorno a Stefano Adani, uno dei due ex attivisti autori dell’esposto, che ha raccontato di aver ricevuto “messaggi privati con minacce di aggressione, insulti sui social” e “telefonate mute in continuazione”.