8.1 – Eppure, potevamo salvarci (un riepilogo necessario)

Nella puntata precedente, si è visto come e quanto il piano Rastrelli poteva davvero rappresentare, pur con taluni non secondari limiti, la salvezza dalla catastrofe. Si è però pure visto con quale e quanto incredibile strafottente cinismo, l’intero ceto politico campano, tutto, nessuno escluso, preferì affossarlo.

Insomma, come detto da uno dei migliori analisti dell’era bassoliniana, «eppure, ad un certo punto la Campania sembrava essere a un passo dal risolvere il problema. Era il dicembre 1996 e l’allora governatore Antonio Rastrelli … per colmare la mancanza di un piano strutturale per l’emergenza rifiuti, a causa della quale la Corte di Giustizia dell’Aja aveva condannato l’Italia ad una multa di 341.000.000 lire al giorno a decorrere dal 1 gennaio 1997, aveva messo a punto un progetto … ritenuto dalla Corte “conforme alle direttive generali europee sui rifiuti”; piano che consentì all’Italia prima di vedersi sospesa la condanna e poi di vedersela annullare definitivamente (ma, non avendo mai realmente risolto l’emergenza, nel 2008 la multa è stata riappioppata all’Italia. Attualmente è di 80.000 euro al giorno1, ndr).

La Campania, che fino ad allora non aveva alcun progetto, si ritrovò ad essere l’unica regione italiana ad averne uno pienamente operativo, globale ed organico per tutto il territorio regionale.

Ma, proprio quando quel progetto … era prossimo al decollo, arrivò il voltafaccia delle truppe mastellate che, abbandonato il centrodestra si trasferirono tra le file del centrosinistra: e fu il ribaltone. La giunta Rastrelli fu costretta alle dimissioni e a Santa Lucia si insediò Andrea Losco, il feudatario del re di Ceppaloni, scortato dai baroni dell’Ulivo.

Con il successo della “congiura dei baroni”, la realizzazione del pianò si fermò»2.

Ossia, si preferì (in)coscientemente e volutamente andare incontro all’apocalisse, alla catastrofe. O, per essere più chiari: lo preferirono tutti. Tutti i partiti, nessuno escluso.

Il cui ripugnante cinismo (meglio la catastrofe che perdere un po’ di voti e di clientele) è dimostrata da una semplicissima constatazione: almeno dalla metà del 1997 si sapeva sia com’era la situazione complessiva; sia, soprattutto, come sarebbe inevitabilmente andata a finire se non si fosse immediatamente passati dalla pura e semplice “caccia alla discarica” all’avvio del piano regionale.

Da quando, cioè, il Prefetto Romano ne aveva delineato i contorni innanzi alla Commissione parlamentare in un intervento duro, esplicito.

Appare dunque utile seguire per intero la ricostruzione effettuata dal Prefetto, per due motivi: a) fornisce un quadro chiaro, preciso ed esauriente dell’agonizzante sistema delle discariche esistenti in tutta la Campania, della loro gestione, e dei loro tempi di esaurimento; e perciò b) traccia il quadro completo della situazione alle soglie dell’ era bassoliniana.

8.2 – La geografia della (imminente) catastrofe

Partiamo dalla fine, ovemai il paziente lettore volesse risparmiarsi il tour nell’orrore, nell’assurdo, nel delirante, delle pagine che seguono: 26 novembre 1998, Prefetto Romano, davanti alla Commissione parlamentare: «Napoli … sta gestendo l’emergenza; a partire dal dicembre 1999 gestirà le tragedie»3. Amen.

Esagerato? Il dettaglio, provincia per provincia, dimostra(va) inequivocabilmente che Romano non esagerava affatto. Anzi.

Napoli e provincia appariva la situazione più urgente e drammatica: «farò anzitutto riferimento alla discarica in località Schiavi di Giugliano, entrata in funzione dal 21 febbraio 1995 ed allo stato esaurita … Vi è inoltre la discarica “Masseria del Pozzo” di Giugliano, adiacente alla precedente, entrata in funzione alla data 26 aprile 1996.

La data presumibile di esaurimento di tale discarica è il 31 marzo 1998 … Ancora, va citata la discarica “Pirucchi” di Palma Campania, entrata in esercizio il 2 gennaio 1996. Di tale discarica, è stata indicata come data presumibile di esaurimento il mese di gennaio 1998 … Sempre in provincia di Napoli, vi è la discarica in località Schiava di Tufino, entrata in esercizio il 12 dicembre 1996. Per tale discarica la data presumibile di esaurimento è il mese di febbraio 1998. In definitiva, le discariche attualmente in esercizio consentiranno l’autonomia di smaltimento di tutta la provincia non oltre il 1° aprile del 1998»4.

Provincia di Avellino: «va citata la discarica in località Difesa Grande di Ariano Irpino, in esercizio dal 20 novembre 1995 … La data presumibile di esaurimento di tale discarica è indicata nel mese di agosto 1998»5.

La situazione della provincia di Benevento appariva meno grave, ma non di molto: «si segnala la discarica in località Piano Borea del Comune di Benevento, in esercizio dal 12 gennaio 1996. E’ prevista una autonomia di circa due anni (giugno 1999)»6.

Provincia di Caserta: «vi è la discarica in località Maruzzella del Comune di San Tammaro, in esercizio dal 5 marzo 1996. Data presumibile di esaurimento: marzo 1998. Vi è poi la discarica in località Parco Saurino del Comune di S. Maria La Fossa, in esercizio dal 26 maggio 1997 … La data presumibile di esaurimento è il marzo 1998 … Pertanto le discariche attualmente in esercizio consentiranno l’autonomia di smaltimento di tutta la provincia di Caserta fino al marzo 1998»7.

Provincia di Salerno: «va segnalata l’attività di stoccaggio provvisorio di Giffoni Valle Piana, avviata all’esercizio il 30 aprile 1996 ed esaurita il 31 dicembre 1996. Si segnala, inoltre, la discarica in località Parapoti del comune di Montecorvino Pugliano, in esercizio dal 30 aprile 1996: data presumibile di esaurimento, marzo 1999 … Infine, va citata la discarica in località Costa Cucchiara del comune di Polla, in esercizio dal 10 maggio 1996: data presumibile di esaurimento è marzo 1999 … Pertanto, le discariche attualmente in esercizio consentiranno l’autonomia di smaltimento dell’intera provincia di Salerno fino al marzo 1999»8.

8.3 – Dicembre 1999: è finita

Inoltre, a scanso di equivoci, Romano sottolineava ulteriormente la gravità della situazione precisando, a proposito della data probabile di esaurimento delle discariche: «quando parlo di data presumibile, significa che la discarica può essere utilizzata per un mese – un mese e mezzo in più rispetto alla scadenza indicata, ma non oltre9.

Insomma: nessuno si facesse illusioni. Anche perché, continuava Romano non meno esplicitamente, se pure si fosse riuscito ad attivare le discariche in fase di apertura, si trattava comunque di una soluzione che non andava oltre gli inizi del 2000.

Per Napoli e provincia: pur con l’ampliamento di Masseria del Pozzo in Giugliano, il cui progetto è in corso di elaborazione, l’apertura di quella di Paenzano del comune di Tufino e la discarica in località Lava del Mauro del comune di Terzigno10, e sempre ammesso e non concesso che si riesca ad aprirle, si potrà ottenere al massimo poco più di un anno prima della resa dei conti: «la realizzazione e l’attivazione di dette discariche consentirà – o, meglio, dovrebbe consentire – l’autonomia della provincia fino al dicembre 1999»11.

La situazione di Avellino e provincia era solo leggermente meno grave: «tra le discariche previste va segnalata quella che sarà ubicata nel comune di Lacedonia o nel comune di Andretta. Anche in questo caso le comunità si oppongono e, con l’avviso concorde del presidente dell’amministrazione provinciale, stiamo pensando di effettuare i primi sondaggi nel comune di Torre le Nocelle … La realizzazione e l’attivazione di dette discariche consentirà l’autonomia della provincia fino al dicembre 2000. L’unica discarica in atto è in Avellino-2, mentre Avellino-1 non ne ha alcuna; è proprio per questo che se ne vorrebbe impiantare una a Torre le Nocelle. Si tratterebbe di una discarica di limitate dimensioni, 70-80 metri cubi, che potrebbe durare non più di 4-5 mesi»12.

Caserta, Benevento e Salerno erano in pratica nella stessa condizione di Napoli: anche se si fosse riuscito ad aprire le discariche progettate, si sarebbe potuto tirare avanti entro la fine del 1999: «per quanto concerne la provincia di Benevento, è prevista una (non nel senso di articolo indeterminativo: nel senso di “una sola”, ndr) discarica in località Serre del comune di San Bartolomeo in Galdo … l’attivazione di tale discarica consentirà l’autonomia della provincia fino al dicembre 1999. Per quanto riguarda la provincia di Caserta, segnalo l’avvio delle procedure per l’affidamento dei lavori nel comune di Villa Literno. Nel comune di Calvi Risorta il relativo progetto è in corso di elaborazione. Segnalo inoltre l’ampliamento della discarica del comune di San Tammaro, il cui progetto è in via di ultimazione. La realizzazione e l’attivazione di dette discariche consentirà l’autonomia della provincia di Caserta fino a dicembre 1999.

Quanto alla provincia di Salerno, menziono il progetto relativo alla località Sardone del comune di Giffoni Valle Piana … e quello relativo alla località Serre del comune di Ceraso, … con riferimento al quale è in corso la procedura per acquisire le necessarie autorizzazioni (usi civici), ponendosi non pochi problemi al riguardo. La realizzazione e l’attivazione di dette discariche consentirà l’autonomia della provincia fino a dicembre 1999”13.

Dunque, si poteva arrivare al massimo alla fine del ’99. Poi, era finita.

Il condizionale usato da Romano, per cui, specie per Napoli, l’apertura delle nuove discariche “dovrebbe consentire” un anno al massimo di un mero “tirare avanti” era dovuto anche, e soprattutto, ad un aspetto che, anche qui profeticamente e anche qui del tutto inascoltato, già a metà del 1997, il prefetto ne aveva sottolineato in modo esplicito la potenziale gravità: l’ostilità delle popolazioni locali contro le nuove discariche. Affermava infatti Romano: «in merito alle sopraindicate previsioni programmatiche si deve rappresentare che la ferma opposizione delle comunità locali, fatta propria anche dagli amministratori, a qualsiasi ulteriore nuovo insediamento di discariche o ampliamento di quelle già esistenti potrebbe determinare la realizzazione solo parziale delle discariche stesse»14.

In particolare: per Giugliano, «il sindaco di Giugliano mi ha rappresentato la ferma opposizione delle popolazioni locali, peraltro motivo ricorrente nell’intero panorama connesso alla previsione dell’insediamento o dell’ampliamento di nuove discariche. Il problema è reso ancor più complicato dalla necessità che si pone di lavorare su più fronti. La discarica di Giugliano, come quella di Giffoni che si trova al confine con Pontecagnano, insiste a ridosso di un comune della provincia di Caserta. In particolare, la discarica di Giugliano confina con il territorio di Parete. Ne consegue una doppia conflittualità e l’apertura di due fronti di lavoro e di contestazione»15.

Anche per Tufino, «il sindaco e la popolazione osteggiano il progetto e si sono creati anche problemi di ordine pubblico. A dire il vero, il sindaco di Tufino ha assunto un atteggiamento conciliante ed ha chiesto di suggerire al presidente della regione, commissario delegato per gli impianti definitivi di smaltimento, di realizzare una stazione di trasferenza, sì che l’impatto sulla popolazione possa essere più attenuato»16.

Ed infine, per la discarica di Terzigno si poneva un ulteriore problema: si era talmente spalle al muro, che si era costretti ad aprire una discarica addirittura in un parco protetto: «questa mattina ho ricevuto il presidente dell’ente parco Vesuvio, il quale si oppone con tutte le sue forze a che nell’ambito del parco sia istallata una discarica»17.

8.2 – “Quann’ o’ ciuccio nu’ vo’ vever’ e’ voglia r’o’ siscà”. 1998, nuova geografia della catastrofe

L’anno seguente, nel 1998, il Prefetto Romano sarà costretto a ribadire gli stessi identici concetti: in pratica, “non sappiamo più dove mettere la monnezza”.

Le dichiarazioni di Romano, ovviamente inascoltate e completamente ignorate, erano, se possibile, ancor più drammatiche: «oggi in Campania c’è l’impossibilità assoluta per tutte le situazioni di immaginare un’ulteriore prosecuzione con il vecchio, logoro e distruttivo sistema delle discariche, perché c’è una forte opposizione delle comunità locali.

In provincia di Napoli di fatto le uniche due discariche in esercizio, quella di Giugliano e quella di Tufino, si sono esaurite il 30 settembre (1998, ndr). Non si è ancora arrivati alla tragedia definitiva perché, assumendomi anche responsabilità che vanno al di là del ruolo e dei poteri attribuiti al commissario, ne ho prorogato l’esercizio fino al 31 gennaio 1999. Naturalmente la mia decisione è confortata dal parere di una Commissione tecnica, ma è comunque un’ulteriore forzatura che sicuramente determinerà altre violenze e brutture sul territorio. Dal 31 gennaio del 1999, in provincia di Napoli non sapremo più dove scaricare i rifiuti18.

Più chiari di così non si poteva essere: il commissario-prefetto alle discariche non poteva fare più niente. Semplicemente, perché “buchi” (per riprendere ancora la sua espressione) non ne aveva più a disposizione.

Adesso toccava al commissario-presidente: fosse stato Rastrelli o, come era pressoché certo alla data dell’audizione di Romano, un rappresentante del contro sinistra. Ma, senza tempi certi sull’attuazione del piano strategico di smaltimento di rifiuti, senza la certezza che il piano venisse attuato nella sua interezza, non si poteva chiedere più niente alle comunità locali.

Giova chiarire questo punto, in quanto di stretto riferimento alla situazione attuale del 2025: era (ed è) di elementare evidenza che, ad esempio, sarebbe stato inutile attuare una buona raccolta differenziata con gli impianti di trattamento del differenziato non ancora in funzione o al di sotto della potenzialità sufficiente per la quantità di differenziato da trattare; viceversa, la messa in attività degli impianti senza una almeno sufficiente differenziata significa(va), ovviamente, che tali impianti fossero in pratica inutili, in presenza di rifiuti non separati e dunque da essi non trattabili.

Romano evidenzierà quanto fosse centrale questo aspetto sottolineandolo due volte nel corso della sua audizione: «attualmente si registra una forte opposizione delle comunità locali, le quali non intravedono in questo momento la possibilità dell’insediamento di impianti di smaltimento definitivi. Il piano regionale è stato ormai varato, ma sui tempi non si ha alcuna certezza. Se oggi potessimo dire alle nostre comunità che il sacrificio sarà limitato ad uno o due anni e che la discarica andrà necessariamente ad esaurirsi perché ci sarà l’impianto di smaltimento, sicuramente le istituzioni chiamate ad intervenire sul problema potrebbero risultare più convincenti»19.

Tra l’altro, in merito al problema degli impianti (numero, capacità tecniche, localizzazione e relativo consenso della popolazioni locali) la Commissione, nella sua relazione del luglio 1998, criticava esplicitamente l’infelice scelta di Rastrelli di lasciare alle ditte aggiudicatrici la scelta delle ubicazioni: «ulteriori perplessità emergono a proposito del consenso degli enti locali, spesso difficile da ottenere per quanto concerne la localizzazione sul territorio di impianti per lo smaltimento dei rifiuti. Nella previsione degli impianti a servizio dei diversi ambiti ottimali di smaltimento ciò ha comportato una diffusa indeterminatezza»20.

Insomma, si prevedeva il numero e il tipo di impianti, ma senza indicare dove dovessero sorgere. Anzi peggio: «per tutti gli ambiti ottimali di smaltimento, sono previste discariche con la comune indicazione presso impianti già esistenti o cave dismesse: una previsione che tuttavia contrasta con le difficoltà incontrate dal commissario di Governo nel reperimento dei siti di smaltimento»21.

Ossia: contro buon senso e logica, si era previsto che gli impianti sorgessero in posti già martoriati da precedenti discariche.

Ed infatti, «alcuni impianti localizzati vedono la netta contrarietà degli enti locali interessati ad ospitarli sul loro territorio. Questa opposizione, in particolare, si manifesta per: l’impianto di termodistruzione … previsto a Nola-Marigliano, l’impianto di termodistruzione previsto a Marcianise, l’impianto di termodistruzione previsto a Battipaglia … La Commissione non entra nel merito delle opposizioni espresse dagli enti locali, ma sottolinea che tali pareri negativi rischiano di rendere inapplicabile il piano di smaltimento, del quale invece la regione Campania ha urgente necessità, per superare la lunga fase di emergenza in questo settore»22.

Rastrelli però, senza spiegarne il perché, non ne volle sapere di cambiare questa prescrizione. Come ricorda ancora Romano nell’audizione del 1998, «il 4 novembre scorso scadeva il termine per la presentazione delle offerte. Si era chiesto al presidente della regione di dilazionare anche il termine di presentazione delle offerte, ma egli non ha aderito a questa proposta. Pertanto, il termine è scaduto, le offerte sono state presentate e già il 5 novembre, cioè il giorno successivo a quello di scadenza, si sarebbe potuto procedere all’aggiudicazione e quindi a verificare quale fosse l’offerta più vantaggiosa. Il presidente della regione, aderendo ad una richiesta del ministro Ronchi e del ministro dell’interno, ha chiesto un momento di riflessione per poter comprendere, nell’arco di questo mese, se tutte le questioni di cui si sta parlando (l’allocazione, la scelta, l’accordo di programma e tutti gli altri contratti sempre ad evidenza pubblica che debbono essere stipulati per il CDR) possano trovare una soluzione. Poiché il tempo sta passando ed oltretutto la regione Campania è attraversata da un momento di difficoltà, per parlare in maniera eufemistica (si riferisce alla crisi politica alla Regione di cui si è detto, ndr), non so davvero da qui al 5 dicembre cosa si riuscirà a fare»23.

Ed anche in questo caso, è vero che, da un lato, la caduta della sua giunta non permise a Rastrelli un eventuale ripensamento; ma, dall’altro, è altrettanto vero che comunque aveva avuto tutto il tempo per ritornare su questa scelta della quale era oramai evidente la pericolosità in termini di rapporti con le popolazioni locali.

Del resto, Rastrelli stesso sembrava ormai aver poca fiducia che il suo piano potesse davvero attuarsi, visto che, poco prima delle sue dimissioni, alla Commissione parlamentare aveva «assicurato … sulla realizzazione nel breve periodo unicamente delle piattaforme per la compattazione dei rifiuti, che comunque consentirà di ridurre del 75 per cento i volumi da destinare alle discariche, la cui capacità di ricezione dovrebbe essere quindi prolungata nel tempo»24.

Rastrelli era stato in realtà al limite del vero e proprio sadismo politico: visto che me ne devo andare, faccio un bel regalo alla nuova maggioranza: vi impacchetto la monnezza e ve la lascio lì. Poi so’ cavoli di chi verrà dopo di me che farne …

E infatti, così commentava la Commissione: «tale intervento, di grande utilità dal punto di vista pratico, potrebbe avere tuttavia come unico risultato il rimandare nel tempo il problema dell’individuazione di nuovi siti di smaltimento finale, qualora non dovesse entrare in vigore il piano di emergenza varato dal presidente della regione Campania nella sua qualità di commissario straordinario»25.

Si noti la precisazione. La Commissione volle non casualmente evidenziare che Rastrelli aveva agito non in quanto “politico” ma come “commissario”: come dire, pure se l’avete cacciato, il suo piano va fatto. E pure alla svelta.

Dunque, parlamento, governo, regione, già dieci anni prima del loro esplodere, erano stati messi al corrente di tutti gli aspetti della tragedia: che le discariche in uso stavano per riempirsi; che anche se si fosse riusciti ad aprirne di nuove, oltre il 2000 non si poteva andare avanti; che tutti i comuni in cui erano ubicate le discariche aperte e da aprirsi erano duramente contrari ad esse; che non avevano tutti i torti per esserlo. E, infine e soprattutto: che entro al massimo la fine del 2000 doveva essere attivo un piano definitivo e strategico di smaltimento e trattamento dei rifiuti. Fosse quello di Rastrelli o un altro.

E governo, parlamento, regione, sapevano persino come sarebbe stata definito ciò che stava per accadere. Poiché fin dalla sua audizione del 1997 Romano aveva usato un termine che in genere dovrebbe usato per catastrofi naturali “vere”: “tragedia”. L’avvertimento di Romano, già nel 1997, era stato netto e senza mezzi termini: fino al 1999, “Napoli … sta gestendo l’emergenza; a partire da quella data gestirà le tragedie26.

1 Regione Campania, Report 2024 sull’attuazione del Piano rifiuti, p. 4.

2 M. Della Corte, Bassolino. Amici e compagni, Napoli, 2007, p. 132. Studio documentatissimo sulla prima metà (dal 2000 al 2005) dell’era bassoliniana, la cui lettura è al tempo stesso avvincente e stomachevole (per lo stesso motivo: l’incommensurabile livello di immoralità e degrado etico-politico in cui è vissuta la Campania per 10 anni).

3 Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, Seduta del 26 novembre 1998, Audizione del prefetto di Napoli, dottor Giuseppe Romano.

4 Commissione parlamentare d’inchiesta, Missione in Campania – Napoli del 16/09/97, audizione del Prefetto di Napoli dott. Giuseppe Romano, cit.

5 Ibidem.

6 Ibidem.

7 Ibidem.

8 Ibidem.

9 Ibidem.

10 Ibidem.

11 Ibidem.

12 Ibidem.

13 Commissione parlamentare d’inchiesta, Missione in Campania – Napoli del 16/09/97, audizione del Prefetto di Napoli dott. Giuseppe Romano, cit.

14 Ibidem.

15 Ibidem.

16 Ibidem.

17 Ibidem.

18 Commissione Parlamentare d’inchiesta, seduta dell’11 novembre 1998, Audizione del prefetto di Napoli, dottor Giuseppe Romano, in www.parlamento.it

19 Commissione parlamentare d’inchiesta, Missione in Campania – Napoli del 16/09/97, audizione del Prefetto di Napoli dott. Giuseppe Romano, cit.

20 Commissione parlamentare d’inchiesta, Relazione sulla Campania, 8 luglio 1998, in www.parlamento.it, p. 18.

21 Ibidem.

22 Commissione parlamentare d’inchiesta, Relazione sulla Campania, 1998, cit., p. 18.

23 Commissione Parlamentare d’inchiesta, seduta dell’11 novembre 1998, Audizione del prefetto di Napoli, dottor Giuseppe Romano, in www.parlamento.it

24 Commissione parlamentare d’inchiesta, Relazione sulla Campania, 1998, cit., p. 18.

25 Ibidem.

26 Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, Seduta di giovedì 26 novembre 1998, Audizione del prefetto di Napoli, dottor Giuseppe Romano, cit.

Gentile Lettore, ogni commento agli articoli de l'Opinione Pubblica sarà sottoposto a moderazione prima di essere approvato. La preghiamo di non utilizzare alcun tipo di turpiloquio, non alimentare discussioni polemiche e personali, mantenere un comportamento decoroso. Non saranno approvati commenti che abbiano lo scopo di denigrare l'autore dell'articolo o l'intero lavoro della Redazione. Per segnalazioni e refusi la preghiamo di rivolgersi al nostro indirizzo di posta elettronica: redazione@opinione-pubblica.com.

Inserisca il suo commento
Inserisca il Suo nome