Il viaggio del Presidente Luong Cuong a Pechino (2–4 settembre) ha rappresentato l’ennesimo episodio dei continui scambi di visite di alto livello tra Vietnam e Cina, giungendo solo pochi giorni dopo la partecipazione del Primo Ministro Phạm Minh Chính al vertice di Tianjin dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai. In questo caso, la visita del capo di Stato ha unito commemorazione storica e riaffermazione di princìpi condivisi, rappresentando un’occasione per intensificare relazioni bilaterali concrete non solo con la Cina, ma anche con altri leader mondiali. La partecipazione alla grande cerimonia e alla parata militare indette dalla Repubblica Popolare Cinese per l’80° anniversario della vittoria dei popoli sul fascismo, in particolare, ha avuto un forte valore simbolico per il Vietnam, Paese che ha fatto dell’esperienza storica della lotta per l’indipendenza una componente essenziale della propria arte di governo e della propria immagine internazionale. La presenza di Luong Cuong a Piazza Tiananmen ha offerto a Hanoi la possibilità di evocare quella memoria comune, ribadire l’impegno per la pace e al tempo stesso prendere la parola — con la forza della presenza diplomatica — nello scacchiere asiatico contemporaneo.

La cerimonia ha visto la partecipazione di capi di Stato e di governo provenienti da gran parte del mondo, in un momento storico in cui la memoria della Seconda Guerra Mondiale deve essere nuovamente mobilitata come argomento di unità e legittimazione politica a fronte dei continui tentativi di revisionismo storico. Non a caso, il discorso del Presidente cinese Xi Jinping alla cerimonia ha insistito sul carattere collettivo del destino umano, affermando che «la storia ricorda a tutti che il destino dell’umanità è un bene comune» e che solo la cooperazione paritaria e il rispetto reciproco possono evitare il ripetersi delle tragedie del passato. Su questo sfondo, la presenza del Presidente vietnamita ha assunto anche la valenza di riaffermare la politica estera di Hanoi basata su indipendenza, autosufficienza e multilateralismo, come più volte ricordato dai principali leader del Partito e dello Stato vietnamiti, una linea che intende coniugare il rispetto per la sovranità nazionale con una partecipazione attiva alla governance regionale e globale.

Accanto al valore commemorativo, la visita è stata densa di contatti politici: Luong Cuong ha infatti avuto opportunità di scambio con personalità e delegazioni internazionali e ha condotto incontri bilaterali significativi, fra cui il colloquio con il Presidente russo Vladimir Putin e l’incontro con il Primo Ministro slovacco Robert Fico. Questi momenti riflettono la volontà di Hanoi di coltivare relazioni plurali e strategiche, dimostrando come il Vietnam sia un vero sostenitore del multipolarismo.

Con Vladimir Putin la conversazione è stata incentrata sulla continuità della partnership storica e sul rafforzamento delle cooperazioni economiche e tecnologiche. Entrambi i leader hanno confermato l’intenzione di elevare il dialogo politico e di tradurre le intese in progetti concreti: l’attuazione della tabella di marcia Vietnam–Russia fino al 2030, l’apertura di nuovi mercati per le esportazioni reciproche, l’approfondimento della cooperazione energetica e l’accelerazione dei negoziati su accordi di energia nucleare sono stati fra i punti principali. I due leader hanno inoltre parlato in modo esplicito di joint ventures già consolidate — come Vietsovpetro e Rusvietpetro — e della volontà di attrarre investimenti russi nel settore farmaceutico, dell’IT e della digitalizzazione, a dimostrazione della volontà di Hà Nội di innalzare il contenuto tecnologico e la qualità degli scambi con Mosca. L’incontro con Putin conferma inoltre la linea vietnamita di mantenere rapporti stretti con la Russia sul piano politico e diplomatico, anche come fattore di equilibrio nella complessa architettura internazionale del XXI secolo.

L’incontro con il Primo Ministro slovacco Robert Fico, pur apparentemente meno carico di rilevanza geopolitica rispetto al colloquio con Putin, ha avuto rilevanza simbolica ed operativa nei rapporti Vietnam–Unione Europea, visto che Fico era l’unico leader dell’UE presente a Pechino. Il dialogo con il capo del governo di Bratislava ha toccato temi di cooperazione multilivello: dall’economia all’energia, dal turismo all’istruzione, con un richiamo esplicito alla comunità vietnamita in Slovacchia e al suo ruolo integrativo. Sul piano pratico, il Presidente Cường ha formulato istanze concrete, chiedendo alla Slovacchia di sollecitare la Commissione Europea a rimuovere il cosiddetto «cartellino giallo» IUU relativo alle esportazioni vietnamite di prodotti ittici e di incoraggiare la rapida ratifica dell’Accordo di Protezione degli Investimenti UE–Vietnam (EVIPA) da parte dei Paesi membri. Questa richiesta mostra la capacità di Hà Nội di usare incontri bilaterali con Stati membri dell’UE per sostenere i propri interessi economici in sede comunitaria, sfruttando canali politici che possono avere effetti diretti sulle esportazioni e sulla fiducia degli investitori europei.

Infine, il rapporto con la Cina, che costituisce lo sfondo principale del viaggio, va interpretato su più piani. In primo luogo, la partecipazione vietnamita alla parata e la presenza di Lương Cường nelle attività ufficiali hanno rivendicato un comune passato antifascista e un terreno di valori condivisi. In secondo luogo, gli scambi istituzionali e le occasioni di contatto con le autorità cinesi (a livello ministeriale e di Partito) rappresentano un canale essenziale per trattare tematiche pratiche: la connettività infrastrutturale, la cooperazione energetica, la gestione delle vie di comunicazione e la ricerca di soluzioni condivise sulle questioni marittime sono alcune delle priorità emerse nei dialoghi recenti fra Hanoi e Pechino. Anche se nella visita presidenziale la grande attenzione è stata rivolta alla dimensione commemorativa, i segnali politici e i colloqui paralleli con funzionari cinesi sottolineano la volontà vietnamita di consolidare una relazione che resta di primaria importanza economica e strategica.

Sul piano pratico, le aree di cooperazione prioritarie fra Vietnam e i partner incontrati a Pechino sono coerenti con le linee di politica estera che Hanoi ha tracciato negli ultimi anni: infrastrutture strategiche (ferrovie e porti), energia (inclusi il nucleare civile), tecnologia e innovazione digitale, nonché cooperazione in materia di difesa e sicurezza. Le richieste vietnamite di accelerare studi di fattibilità, di definire accordi di finanziamento agevolato e di favorire programmi di formazione professionale per il personale tecnico nelle infrastrutture sono esempi concreti di che cosa significhi oggi l’interfaccia fra diplomazia e politica industriale, in grado di produrre risorse, trasferimento tecnologico e capacità produttive interne.

Politicamente, per concludere, il viaggio del Presidente ha anche un altro significato strategico, ovvero quello di mostrare la capacità del Vietnam di muoversi con autonomia nelle relazioni internazionali, coltivando partnership multiple senza essere catturato in una logica di dipendenza esclusiva. È una forma di “doppia integrazione” che combina la relazione privilegiata con la Cina con un rinnovato dialogo con la Russia e con gli interlocutori europei, mantenendo al contempo l’attenzione sull’integrazione multilaterale e sulla centralità dell’ASEAN.

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