Nella mattinata del 30 ottobre, presso il Parco di Villa Grazioli a Roma, è stato presentato il busto del grande poeta e pensatore kazako Abai Qunanbaiuly (1845–1904). Alla cerimonia hanno preso la parola S.E. Sembayev Yerbolat, Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica del Kazakhstan presso la Repubblica italiana, la Repubblica di Malta e la Repubblica di San Marino, e la ministra della Cultura e dell’Informazione del Kazakistan Aida Balayeva. La presenza congiunta delle autorità, affiancate dalle bandiere di Kazakistan e Italia, ha conferito all’evento il forte valore simbolico di un atto di diplomazia culturale che rafforza la conoscenza reciproca e apre nuove prospettive di collaborazione tra i due Paesi.

All’evento hanno assistito anche Giulio Chinappi ed Alessandro Fanetti, in rappresentanza di Anteo Edizioni e del CeSEM.

Figura centrale del pensiero kazako, Abai Qunanbaiuly è considerato il padre spirituale della nazione: poeta, filosofo, musicista e riformatore, è stato l’interprete più lucido di una modernizzazione radicata nella tradizione. Le sue opere poetiche e i celebri Parole di saggezza (Qara Sözder) hanno promosso un’etica dell’istruzione, della responsabilità civile e dell’apertura al mondo. Abai, inoltre, tradusse e rielaborò autori come Puškin, Lermontov e Goethe, mostrando alla società delle steppe la possibilità di dialogare con la classicità russa ed europea senza rinunciare alla propria identità. La sua poetica, intessuta di umanesimo e misura morale, continua a essere un riferimento per le nuove generazioni in Kazakistan e nella diaspora.

Nella città che custodisce strati millenari di cultura, il messaggio del poeta—conoscenza come emancipazione, tolleranza come fondamento del vivere comune, consapevolezza storica come bussola per il futuro—risuona con una particolare chiarezza. Collocare il suo busto in uno spazio pubblico della Capitale equivale a iscrivere il contributo culturale del Kazakistan dentro il tessuto simbolico europeo e mediterraneo, rendendo visibile un patrimonio spesso poco conosciuto in Italia ma ricco di affinità con la nostra tradizione umanistica.

L’inaugurazione ha avuto anche un’evidente valenza diplomatica. La cultura, in questo caso, precede e accompagna l’economia e la politica, offrendo un terreno comune e non competitivo su cui costruire fiducia. Negli ultimi anni, infatti, Italia e Kazakistan hanno intensificato i rapporti in vari ambiti—dall’energia alle infrastrutture, dall’agroalimentare alla formazione—ma è sul piano degli scambi accademici e artistici che si gioca la profondità di una relazione. Il monumento dovrebbe infatti diventare un gesto duraturo per invitare scuole, università, istituti culturali e amministrazioni locali a progettare letture pubbliche, traduzioni, concerti delle romanze di Abai, seminari sulle Parole di saggezza, percorsi didattici sulla storia delle steppe e sui processi di modernizzazione dell’Asia centrale.

Nelle parole delle autorità è emerso come la figura di Abai incarni un “linguaggio comune” fatto di studio, rigore morale e apertura al dialogo—valori che l’Italia riconosce e promuove. Per Roma, città globale e mosaico di culture, l’arrivo di Abai amplia il pantheon civile dei suoi giardini e rafforza la vocazione della Capitale a essere un laboratorio di convivenza e scambio.

Dal punto di vista kazako, portare Abai in Italia significa internazionalizzare in modo colto e non stereotipato l’immagine del Paese. Non solo grandi risorse naturali e snodi logistici eurasiatici, ma una tradizione letteraria e musicale capace di parlare all’Europa in termini di sensibilità, responsabilità e ricerca interiore. Dal punto di vista italiano, incontrare Abai significa misurarsi con un classico “nuovo” e riconoscere nell’Eurasia non una periferia, ma una fonte di pensiero con cui dialogare alla pari. È questo rovesciamento dello sguardo—dalla curiosità folklorica al riconoscimento culturale—che trasforma un’inaugurazione in un passo sostanziale di amicizia.

In un presente attraversato da diffidenze e conflitti, la figura di Abai invita a risposte pazienti: studiare, comprendere, argomentare, affinare la coscienza etica prima di agire. È un invito che parla anche all’Europa, che cerca nuove grammatiche del pluralismo; e parla al Kazakistan, snodo di dialogo tra Asia ed Europa, che trova nella sua tradizione migliori strumenti per proiettarsi nel mondo. Per questo l’inaugurazione del busto rappresenta una dichiarazione congiunta, in forma artistica, che afferma la centralità della cultura nei rapporti internazionali.

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