
Esultano Renzi e Padoan dopo aver superato con successo l’esame europeo sui conti pubblici italiani. L’Italia, a detta dell’Europa, ha usufruito di tanta flessibilità quanta “non è stata mai concessa a nessun altro Paese fino ad ora”. Perciò il governo può gioire: nessuna manovra correttiva alla finanziaria, nessun temuto scatto dell’Iva arriveranno quest’anno.
Nella serata di ieri, infatti, la Commissione europea ha inviato la lettera che il governo italiano aspettava e che doveva dare la valutazione sui conti pubblici italiani. La Commissione si è mostrata pronta a concedere all’Italia tutta la flessibilità richiesta per l’esercizio finanziario 2016, a patto che dal 2017 l’Italia s’impegni a rispettare rigorosamente i parametri del Fiscal Compact.
Come avevamo visto a dicembre, la Legge di Stabilità 2016 allargava il deficit dello Stato di quasi un punto percentuale, pari a circa 14 miliardi, soldi con i quali il governo intendeva disinnescare le clausole di salvaguardia della finanziaria precedente. Capite quindi che, senza quei 14 miliardi aggiuntivi, il governo rischiava di dover mettere nuovamente mano ai conti pubblici per evitare l’automatico aumento dell’Iva e altre accise. Questi 14 miliardi erano richiesti dall’Italia in ragione di apposite “clausole di flessibilità” introdotte in sede europea nel 2015. Grazie a queste, il deficit italiano passava dal 1,4% previsto del Def di aprile 2015 al 2,3-2,4% della Legge finanziaria.
La lettera della Commissione europea concede flessibilità in questi termini: lo 0,50% del PIL per quanto riguarda le riforme economiche, dello 0,25% in relazione agli investimenti infrastrutturali, dello 0,04% per i costi legati alla gestione della crisi rifugiati e dello 0,06% per i costi dovuti all’emergenza sicurezza. Tuttavia, la stessa Commissione, in cambio di questa flessibilità, pretende un impegno serio dell’Italia per l’esercizio 2017. In particolare, la Commissione si aspetta che nel 2017 il deficit italiano rientri dal 2,4% fino al 1,8-1,9% rispetto al PIL.
L’Europa chiede all’Italia di non deviare dalle regole fissate col Fiscal Compact, quindi a impegnarsi nell’aggiustamento di tipo strutturale e a puntare seriamente all’obiettivo del pareggio di bilancio. Si evince, come avevamo già intuito a dicembre, che queste “clausole di flessibilità” sarebbero state concesse solo per un anno e sarebbero servite all’Italia solo come boccata d’ossigeno. La vittoria del governo su questo fronte, quindi, è soltanto una vittoria di Pirro: per il 2017 ci attendono lacrime e sangue. Il governo sarà costretto a mettere nuove tasse e a tagliare altre spese. Sarà difficile anche evitare il temutissimo aumento dell’Iva al 25%, senza trovare delle soluzioni compensative. L’unica speranza per l’Italia sarebbe usufruire di un po’ di crescita economica, ma le stime di crescita sono state già recentemente tagliate dal 1,3% all’ 1,1% e considerando il fatto che siamo solo a maggio, diremmo che ce n’è di tempo per tagliare ancora.
Perciò, tutta la gioia e tutte le parole di giubilo che già stiamo sentendo provenire da Renzi e dal governo non sono altro che pura propaganda. Qual vittoria può essere quella che, sì, concede flessibilità per allargare il deficit, ma allo stesso tempo prevede che tutto quel che è stato concesso venga restituito l’anno successivo? Tenendo conto poi che Paesi come Francia e Spagna sforano arbitrariamente, e di molto, il parametro del deficit del 3% previsto dal Fiscal Compact, qual vittoria può esserci per l’Italia che, al contrario, “intende rispettare sempre le regole”?
Bisogna anche chiedersi, a questo, punto, a cosa comporti in termini reali rispettare quei parametri e quali obiettivi sperati finora si sono raggiunti. Non sono serviti a ridurre il debito pubblico, che è ancora superiore al 130%, e la stessa Commissione europea, nella lettera invita al governo, ha ammesso che il debito italiano risente della congiuntura deflazionistica ed è quindi pronta a “tenerne conto” (anche se solo per quest’anno). Non servono ad aumentare il PIL, ma è semmai il contrario, visto che il paramento del pareggio di bilancio costringe a ridurre ogni anno sempre di più le risorse dell’economia reale.
La crescita, purtroppo, non è qualcosa che si può attendere così, senza far niente. Senza agire sulla domanda, è impossibile far ripartire i consumi e riattivare il motore produttivo di questo Paese. Per far questo, tuttavia, sono necessarie politiche keynesiane di disavanzo, che hanno l’obiettivo di far aumentare la domanda e di garantire la piena occupazione. Purtroppo però, l’Italia è dal 1990 (esclusi tre esercizi) che è in avanzo primario, toccando picchi del 5%. Ciò vale a dire che, esclusi gli interessi sul debito, ogni anno lo Stato italiano incassa da tasse e tagli più di quanto spende per beni e servizi pubblici. Ogni anno, quindi, lo Stato è costretto a drenare ricchezza dall’economia reale, impoverendola.
Pertanto, come giustificherà Matteo Renzi lo sforzo sul bilancio previsto nel 2017? Forse è già consapevole del fatto che non sarà il suo governo a doverlo fare? Ecco allora che la reale preoccupazione dei nostri politici riguarda soltanto l’aspetto elettorale e anche quest’ultima “vittoria” può essere considerata tale solo se la si vede per quello che è: pura propaganda.
Marco Muscillo.