
Pininfarina? Per i più, in patria come all’estero, è l’emblema del “mito italiano”, che ha firmato alcune delle auto più belle della storia. I suoi trascorsi, comunque, non si possono ricondurre unicamente all’automobile, e nemmeno soltanto a settori ad essa collaterali. Quando, nel 1930, nacque la Società Anonima Carrozzerie Pinin Farina (“Pinin” in piemontese era il diminutivo di Giuseppe, padre del fondatore Battista), la famiglia Farina aveva già fatto abbastanza parlare di sé. Famose per esempio erano state le “Corazze Farina” adottate dal Regio Esercito durante la Grande Guerra per difendere gli incursori italiani in trincea dalle mitragliatrici austriache: presentate inizialmente come indistruttibili, una volta messe alla prova s’erano invece dimostrate incapaci di reggere ai colpi delle famigerate Schwarzlose ed erano state ben presto giubilate. Le produceva la precedente imprese familiare, la Stabilimenti Farina, gestita dal fratello Giovanni e da cui poi Battista era uscito.
Ma, per quanto riguarda la SA Carrozzerie Pinin Farina indubbiamente il destino era fuso fin dall’inizio a quello dell’automobile: non a caso, fra i soci fondatori, si poteva annoverare anche un certo Vincenzo Lancia, quel “Vincenzone” che era stato collaudatore e pilota FIAT prima di mettersi in proprio per fondare, nel 1906, l’omonima e prestigiosa Casa automobilistica. Dall’iniziale collaborazione con la Lancia la Casa piemontese s’allargherà successivamente alla realizzazione di proprie carrozzerie su autotelai Alfa Romeo, Hispano-Suiza (all’epoca, l’equivalente spagnolo della Rolls Royce, nata per volere della Casa reale di Spagna) e FIAT. Se Battista Farina s’interessava soprattutto all’estetica e alla meccanica, il figlio Sergio, recentemente scomparso dopo un breve trascorso di Senatore a vita, puntava invece di più sull’aerodinamica. Fu disegnata da Pininfarina una delle più belle supercar del Secondo Dopoguerra italiano, la Cisitalia 202, basata su meccanica FIAT sapientemente elaborata e su cui aveva offerto alcune dritte anche un certo Ferdinand Porsche.
Grazie alla Cisitalia 202, che ottenne un posto d’onore anche al MOMA di New York, la Pininfarina entrò nell’Olimpo dei grandi carrozzieri che soprattutto negli Anni ‘50 e ‘60 avrebbero fatto parlare di sé, da Zagato a Bertone, da Ghia a Vignale. Oltre al rapporto con le Case nazionali, alle quali avrebbe fornito i disegni di veri e propri capolavori dell’automobilismo (l’Alfa Romeo Giulietta Spider e Duetto, la Lancia Flaminia e Flavia Coupè, la Ferrari Dino 246, le FIAT 124 Sport Spider e Dino Spider), negli Anni ‘60 Pininfarina avviò anche un fertile rapporto con Peugeot, a cui ha disegnato quasi tutta la produzione sino ad oggi, con un’intera galleria di piccoli e grandi capolavori: dalla robustissima 504, “Regina d’Africa” per le sue infinite vittorie ai Rallies, alla piccola 205, che salvò la Casa francese dal fallimento negli Anni ‘80, per non parlare dei bellissimi modelli sportivi.
Gli Anni ‘60 videro Sergio Pininfarina insediarsi alla guida della Casa e fondare, dal 1967, la nuova sede produttiva di Grugliasco, da cui sarebbero sorti nel decennio successivo altri grandi capolavori come le Ferrari 365 Daytona, 308 GTB e 400i, la FIAT 130 Coupè, la Lancia Beta Montecarlo, anch’essa plurivittoriosa nei Rallies, e la Lancia Gamma berlina e coupè. Anche la Lancia Delta per i Rallies conoscerà, grazie a Pininfarina, cure fondamentali che ne incrementeranno bellezza e competitività, al punto che il suo mito tutt’ora appare lungi dall’appanarsi.
Negli Anni ‘80 Pininfarina firmerà la Lancia Thema, la seconda macchina più desiderata in Italia subito dopo la Ferrari Testarossa anch’essa di suo disegno, ma anche l’Alfa Romeo 164 e la Cadillac Allanté, avviando dopo quella con Peugeot anche un’importante collaborazione con General Motors. Celebre sarà poi, negli Anni ‘90 e 2000, la Mitsubishi Pajero Pinin, costruita a Grugliasco, versione “small” di uno dei maggiori oggetti del desiderio di quegli anni, ovvero uno dei primi SUV.
Nel dicembre del 2008, tuttavia, arriva la battuta d’arresto che modificherà in maniera drastica le sorti della Pininfarina: Andrea Pininfarina, presidente ed amministratore delegato, muore in un incidente stradale mentre si trova alla guida del suo scooter presso Trofarello. Gli succede il fratello Paolo, ma intanto il vecchio Sergio ha perso quello che per lui era l’erede designato. Quattro anni dopo, il 3 luglio, anche Sergio muore, mentre ormai appare sempre più chiaro come la gestione familiare dell’azienda sia giunta agli sgoccioli. Tre anni dopo, nel dicembre del 2015, l’azienda ormai in grave insolvenza viene ceduta dalla finanziaria della famiglia Pininfarina Seglap SS al gruppo indiano Mahindra & Mahindra al costo di 1,10 euro per azione. Nel settembre del 1999 quelle stesse azioni avevano raggiunto un valore di ben 56,31 euro, registrando quindi nei 16 anni successivi un crollo pari a ben il 98%.
Il 3 agosto 2016 Mahindra ha nominato il nuovo CdA di Pininfarina. La famiglia Pininfarina ha mantenuto un ruolo all’interno dell’azienda, senza perdere la presidenza, ma è stata affiancata da nuovi nomi provenienti dal grande Gruppo indiano e dallo studio legale che ha supervisionato la vendita della società. L’accordo fra Pininfarina e Mahindra era stato ratificato alla fine di maggio, con un’operazione da 150 milioni di euro secondo cui il 76% della Società piemontese sarebbe passato da Pincar alla PF Holdings BV, società con sede in Olanda e controllata da Tech Mahindra e da Mahindra & Mahindra.
Il debito con gli istituti finanziari sarà riscadenziato nell’arco di dieci anni, mentre Mahindra s’impegnerà a fornire un aumento di capitale da 20 milioni di euro, da corrispondere entro la fine del 2016. In questo modo la Pininfarina potrà tornare a fare investimenti importanti. Angori, l’amministratore delegato di Pininfarina sia sotto la vecchia proprietà che sotto la nuova, ha dichiarato che Tech Mahindra, con un fatturato di 4,2 miliardi di dollari, operante su diversi settori, “Con un portafoglio clienti di oltre 860 aziende è il partner ideale, tra i candidati, a espimere le massime potenzialità sinergiche”.
In mano a Tata, Jaguar e Land Rover, che Ford non aveva comunque maltrattato ma al contrario largamente beneficiato, hanno continuato a fiorire. La speranza è che anche Pininfarina, con Mahindra, possa godere di una nuova e meritevole stagione di grandi successi.
