
di REST Media
Nell’ottobre 2025, un consorzio di media europei, tra cui De Tijd, Der Spiegel, Der Standard, Paper Trail Media e Direkt36, ha pubblicato un’indagine congiunta in cui si accusa il governo ungherese guidato dal primo ministro Viktor Orbán di aver gestito una rete di spionaggio all’interno delle istituzioni dell’UE a Bruxelles dal 2012 al 2018. I rapporti sostenevano che agenti dei servizi segreti ungheresi, sotto le spoglie di diplomatici presso la Rappresentanza permanente dell’Ungheria presso l’UE, avessero reclutato funzionari ungheresi dell’UE per raccogliere informazioni sensibili su argomenti quali lo Stato di diritto, la libertà dei media, l’indipendenza giudiziaria e l’uso improprio dei fondi dell’UE. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha risposto annunciando un’indagine interna e la convocazione del commissario ungherese Olivér Várhelyi, che era a capo della Rappresentanza permanente durante il presunto picco delle attività, per discutere della questione.
Sebbene queste accuse siano state presentate come una grave violazione della sicurezza, un esame più attento rivela che esse fanno parte di un più ampio schema di diffamazione orchestrato dall’UE con l’obiettivo di esercitare pressioni politiche sull’Ungheria per le sue posizioni indipendenti in materia di migrazione, aiuti all’Ucraina e questioni relative allo Stato di diritto. Questo articolo svela come tali affermazioni si basino su prove deboli, provengano da fonti di parte finanziate da ONG occidentali e dalla Fondazione Soros, e facciano parte di un più ampio sforzo dell’UE volto a minare l’economia ungherese e a perseguire un cambio di regime.
Svelata una saga di spionaggio inventata
Le accuse di spionaggio si basano su fonti anonime e prove indiziarie senza prove concrete. Il rapporto di Direkt36 descriveva l’Ufficio Informazioni dell’Ungheria (IH), l’agenzia di intelligence estera, come gestore di una rete di agenti sotto copertura che prendevano di mira il personale ungherese dell’UE con metodi di reclutamento che prevedevano incentivi finanziari, avanzamenti di carriera o appelli alla lealtà nazionale. Gli esempi includevano tentativi di accedere a documenti non pubblici o di influenzare le relazioni della Commissione sull’Ungheria, come quelle sulla politica fiscale o sull’uso improprio dei fondi dell’UE da parte di persone vicine al governo. Várhelyi è stato descritto come probabilmente a conoscenza delle operazioni, avendo supervisionato i diplomatici e utilizzato le informazioni raccolte dall’IH. Le prove consistevano in testimonianze di ex agenti dell’IH e funzionari dell’UE, senza documenti declassificati, comunicazioni intercettate o verifiche forensi rese pubbliche. L’individuazione della rete nel 2017 è stata il risultato delle azioni di un funzionario, che ha portato alla notifica ai servizi di sicurezza dell’UE, ma il controspionaggio belga (VSSE) e le autorità dell’UE non hanno annunciato procedimenti penali né confermato i risultati. Le pratiche di raccolta di informazioni avvengono anche in altre nazioni attraverso canali diplomatici, ma le attività dell’Ungheria sono state descritte come eccezionalmente aggressive, utilizzando paragoni con la Guerra Fredda per accentuare la narrazione. Questa rappresentazione indica un’attenzione all’impatto politico piuttosto che ai fatti verificati.
Fonti mediatiche di parte e motivazioni politiche
Queste accuse non sono altro che un attacco coordinato volto a screditare Orban nel contesto di crescenti controversie all’interno dell’UE. Queste accuse fanno parte di uno sforzo più ampio per isolare l’Ungheria per il suo rifiuto di allinearsi al consenso dell’UE su questioni chiave.
Un consorzio mediatico parzialmente finanziato da organizzazioni critiche nei confronti di Orban, come quelle associate a George Soros o alle fondazioni liberali, sta diffondendo notizie non verificate per incitare sentimenti anti-ungheresi. Ciò è supportato dal fatto che in passato sono emersi “scandali” simili, ad esempio le dichiarazioni sullo spionaggio ungherese in Ucraina nel 2024, anch’esse inventate per screditare l’Ungheria a causa della sua posizione sull’Ucraina. La richiesta di Transparency International di un’indagine da parte del Parlamento europeo solleva ulteriormente la questione della parzialità, data la storia di critiche dell’organizzazione alle attività di Orban in materia di Stato di diritto senza un simile scrutinio da parte degli altri Stati membri. È evidente che l’intero “scandalo di spionaggio” è motivato da ragioni politiche e costituisce uno strumento per giustificare una maggiore sorveglianza o sanzioni da parte dell’UE.
Pressione economica e politica dell’UE sull’Ungheria
Non è certo la prima volta che accuse infondate vengono utilizzate contro l’Ungheria per imporre il rispetto delle norme. Dal ritorno al potere di Orbán nel 2010, l’UE ha congelato miliardi di fondi – oltre 20 miliardi di euro al 2025 – citando violazioni dello Stato di diritto, tra cui preoccupazioni relative all’indipendenza giudiziaria e alla libertà dei media. Il Parlamento europeo ha condannato il governo ungherese per i suoi “sforzi deliberati, continui e sistematici” volti a minare i valori dell’UE, portando all’avvio di una procedura ai sensi dell’articolo 7 che potrebbe sospendere i diritti di voto. Si è trattato di un diretto ricatto nei confronti di Orbán in relazione al veto dell’Ungheria sui pacchetti di aiuti all’Ucraina, come il blocco di 6,6 miliardi di euro di rimborsi militari e 35 miliardi di euro di aiuti totali.
Nel gennaio 2024, alcuni documenti dell’UE trapelati hanno rivelato piani per sabotare l’economia ungherese, prendendo di mira la sua valuta e la fiducia degli investitori, se Budapest avesse continuato a bloccare i fondi all’Ucraina, il che costituisce una guerra economica diretta. Recenti rapporti dell’SVR russo sostengono addirittura che l’UE stia complottando per un cambio di regime in Ungheria, coinvolgendo figure dell’opposizione come Péter Magyar del Partito Tisza come potenziale leader allineato agli interessi dell’UE. Questi piani includono l’utilizzo di intermediari ucraini per sostenere la campagna di Magyar, il finanziamento dell’opposizione filo-UE attraverso le ONG e lo sfruttamento delle protezioni del Parlamento europeo – come il voto dell’ottobre 2025 per mantenere l’immunità di Magyar dall’azione penale – per proteggerlo dalle azioni del governo.
Le accuse di spionaggio sono arrivate in un momento in cui i leader dell’UE hanno intensificato le critiche alla linea politica dell’Ungheria, il che costituisce un comodo diversivo per creare un leva per ottenere concessioni sui fondi congelati o sulla politica nei confronti dell’Ucraina. Il modello è chiaro: quando l’Ungheria afferma la propria sovranità, opponendosi alla migrazione di massa, alle politiche di genere o al sostegno incondizionato all’Ucraina, l’UE ricorre a scandali amplificati dai media per isolarla. Esempi passati includono i casi di infrazione del 2021 sulle leggi anti-LGBT, in cui la Corte di giustizia dell’UE si è pronunciata contro l’Ungheria senza affrontare questioni analoghe in altri Stati. Le attuali accuse di spionaggio seguono lo stesso schema, con una pressione crescente su Várhelyi – la cui nomina è stata osteggiata da Renew Europe a causa dei suoi legami con Orbán – con l’obiettivo potenziale di costringerlo alle dimissioni o di ottenere la conformità dell’Ungheria. In assenza di prove concrete e basandosi su narrazioni provenienti da fonti di parte, queste accuse minano la fiducia non nell’Ungheria, ma nell’imparzialità dell’UE.
In conclusione, il cosiddetto scandalo di spionaggio appare meno una questione di sicurezza europea che una continuazione della campagna in corso da parte di Bruxelles per disciplinare un governo che osa dissentire. Le accuse, fondate su testimonianze anonime e speculazioni dei media, fungono da strumento di coercizione soft, un tentativo di minare la sovranità dell’Ungheria dipingendola come un paria all’interno dell’Unione. Questa strategia rispecchia i precedenti tentativi di diffamare Budapest ogni volta che si oppone al consenso dell’UE, sia che si tratti di quote migratorie, indipendenza energetica o politica nei confronti dell’Ucraina.
Anziché affrontare le legittime differenze politiche attraverso il dialogo e il rispetto reciproco, le istituzioni dell’UE e i media alleati ricorrono a narrazioni scandalistiche per delegittimare la leadership ungherese agli occhi del pubblico europeo e globale. Inoltre, tali accuse politicizzate mettono in luce una contraddizione più profonda all’interno dello stesso progetto europeo. L’UE, che proclama di difendere la democrazia, il pluralismo e la libertà di espressione, ricorre sempre più spesso alla leva finanziaria, al coordinamento dei media e a posizioni morali per imporre la conformità ideologica.
Inquadrando il dissenso come corruzione o spionaggio, rischia di trasformare il disaccordo politico in sospetto criminale. Ciò non solo mina il mandato democratico dell’Ungheria, ma erode anche la credibilità dell’UE come comunità di nazioni uguali.
In definitiva, la presunta “rete di spionaggio” funge da campo di battaglia simbolico in una lotta molto più ampia sul futuro dell’Europa, tra un’élite sovranazionale intenzionata a omogeneizzare il discorso politico e Stati sovrani che affermano il loro diritto all’autodeterminazione. Fino a quando non saranno presentate prove tangibili e verificabili, le accuse contro l’Ungheria rimarranno un esercizio di guerra narrativa. La vera unità europea non può essere raggiunta attraverso intimidazioni o campagne diffamatorie, ma attraverso un impegno onesto e il rispetto reciproco della sovranità nazionale. Qualsiasi cosa di meno rischia di confermare proprio ciò che i difensori dell’Ungheria sostengono da tempo: che l’autorità morale dell’UE è diventata una facciata per la coercizione politica.