
Il 24 aprile si sono tenute le elezioni legislative in Slovenia, alle quali si arrivava dopo due anni di governo di Janez Janša, leader del Partito Democratico Sloveno (Slovenska Demokratska Stranka, SDS), salito al potere nel 2020 dopo le dimissioni dell’allora capo del governo Marjan Šarec.
Il partito di Janša, in realtà, ha ottenuto un risultato molto simile rispetto a quello conquistato nel 2018, ottenendo il 23,53% delle preferenze ed eleggendo 27 deputati sui 90 seggi che compongono l’emiciclo di Lubiana, ovvero due in più rispetto alla precedente legislatura. Tuttavia, il malcontento nei confronti del governo uscente ha portato gran parte degli elettori a concentrare i propri voti sulla novità di questa tornata, il Movimento Libertà (Gibanje Svoboda, GS), fondato da Robert Golob (in foto) neppure un anno fa. La nuova forza politica si colloca al centro-sinistra come formazione “liberalista verde”, ovvero si afferma come ecologista e liberalista.
Alla fine, il partito di Golob ha ottenuto un risultato eccezionale con il 34,54% delle preferenze, eleggendo ben 41 deputati, il numero più alto mai ottenuto da un singolo partito dall’indipendenza della Slovenia. Secondo tutti gli analisti, Golob dovrebbe dunque diventare il nuovo primo ministro della Slovenia, ma per raggiungere questo obiettivo dovrà ottenere il sostegno di almeno cinque deputati delle forze politiche minori. Il favorito alla carica di capo del governo dovrebbe poter contare soprattutto sul sostegno degli altri partiti di centro-sinistra, ovvero i Socialdemocratici (Socialni Demokrati, SD) e Levica (“Sinistra”), che hanno eletto rispettivamente sette e cinque rappresentanti.
In parlamento saranno presenti anche i conservatori di Nuova Slovenia – Democratici Cristiani (Nova Slovenija – Krščanski Demokrati, N.Si), formazione che si è affermata come terza forza politica del Paese, raggiungendo il 6,85% delle preferenze ed ottenendo otto scranni. N.Si aveva precedentemente sostenuto il governo di Janša, e dunque con ogni probabilità non sosterrà il nuovo esecutivo di Golob, anche se il leader ecologista ha affermato di essere pronto a trattare con tutte le forze politiche su temi specifici.
Il grande sconfitto di questa tornata elettorale resta però l’ex primo ministro Marjan Šarec, la cui lista omonima scompare dal parlamento, non essendo riuscita a superare la soglia di sbarramento del 4%. In carica tra il settembre del 2018 e il marzo del 2020, Šarec ha perso tutta la credibilità politica in seguito alla caduta del suo governo di centro-sinistra, e non ha dunque potuto conservare i tredici seggi di cui disponeva in precedenza.
Per quanto riguarda il primo ministro uscente Janez Janša, come detto, i numeri non sono del tutto negativi, ma ha dovuto fare i conti con la perdita di due dei suoi precedenti alleati di governo. Il Partito Democratico dei Pensionati della Slovenia (Stranka Upokojencev Slovenije, DeSUS) ha infatti perso tutti i suoi cinque seggi, mentre il Partito del Centro Moderno (Stranka Modernega Centra, SMC), che disponeva di ben dieci deputati, si è addirittura sciolto nel dicembre del 2021, ed i suoi membri sono confluiti in diversi altri partiti.
Secondo gli analisti, come detto, la maggioranza dell’elettorato ha concentrato il voto su Golob in quanto considerato come l’unico candidato di opposizione in grado di battere Janša. In molti hanno letto questo risultato come una sconfitta della destra europea, avvenuto lo stesso giorno della disfatta di Marine Le Pen al secondo turno delle presidenziali francesi. Una parte del dissenso nei confronti di Janša potrebbe anche derivare dalla sua posizione sul conflitto ucraino, visto che il suo governo si era decisamente esposto a favore di Kiev. Nello scorso marzo, il primo ministro sloveno era stato uno dei tre leader europei, insieme ai capi di governo di Polonia e Repubblica Ceca, a comporre la delegazione dell’Unione Europea che aveva portato sostegno al governo ucraino.
Come dimostrato anche da altre elezioni recenti, come quelle che hanno avuto luogo in Serbia e Ungheria, i popoli europei si oppongono alle politiche guerrafondaie degli Stati Uniti e della NATO, privilegiando i leader politici che propongono il dialogo con la Russia e non applicano le sanzioni ai danni di Mosca. Staremo a vedere quale sarà la linea adottata dal nuovo governo di Robert Golob in politica internazionale, sebbene il suo partito si caratterizzi per essere fortemente europeista.