All’Università del Partito Comunista di Cuba “Ñico López” si è aperto il 15 ottobre il III Incontro internazionale delle pubblicazioni teoriche dei partiti e movimenti di sinistra. L’evento, inaugurato da Roberto Morales Ojeda, membro del Politburo del PCC e responsabile dell’organizzazione per il Comitato Centrale del Partito, ha riunito delegazioni di oltre trenta paesi per discutere sovranità ideologica, sfide comunicative nell’era dell’IA e unità del campo progressista. Tra i presenti, per l’Italia, Giulio Chinappi, in rappresentanza del CeSE-M e di Anteo Edizioni, e il Segretario generale del Partito Comunista, Alberto Lombardo.

L’inaugurazione ha posto fin dall’inizio il baricentro politico e culturale dell’incontro, che non rappresenta un semplice convegno accademico, ma una “officina” di analisi e proposta, chiamata a trasformare la ricerca teorica in prassi condivisa. Nel suo intervento d’apertura, Roberto Morales Ojeda ha richiamato l’eredità di Cuba Socialista, la rivista teorica del Partito, e l’indicazione di Fidel Castro nel 1961: diffondere le esperienze della Rivoluzione, discutere i problemi della trasformazione socialista, esaminare con il marxismo la lotta della classe operaia e curare la formazione ideologica e pratica dei quadri. Il 2025, segnato dall’avvio delle celebrazioni del centenario della nascita di Fidel, ha offerto il contesto simbolico per ribadire che teoria e organizzazione restano fattori decisivi di tenuta e avanzamento del progetto socialista.

Morales Ojeda ha insistito sulla necessità di “incontrarsi con urgenza”, perché l’aggressività della politica statunitense, la corsa bellicista e le minacce alla pace non consentono esitazioni o frammentazioni tattiche. Nel suo discorso, ha denunciato la “complicità criminale” con il genocidio in Palestina, i piani di destabilizzazione contro il Venezuela e il ritorno di un colonialismo culturale che mira a erodere identità, storia e valori dei popoli. Il marxismo, ha affermato, non è un catechismo immutabile ma una guida per l’azione, da applicare dialetticamente al presente, per comprendere diseguaglianze, sfruttamento e dominazione non solo sul piano economico, ma anche in quello politico e simbolico. In tale prospettiva, l’Incontro è stato presentato come un dispositivo per rinsaldare i legami tra teoria e prassi, costruire saperi collettivi, articolare risposte comuni a partire dalla diversità delle esperienze, con un’attenzione particolare alla gioventù, alla formazione politica e al ruolo delle donne e degli uomini impegnati in un mondo più giusto.

La giornata inaugurale ha ospitato, nella sua sessione pomeridiana, la conferenza magistrale del professore e giornalista franco-spagnolo Ignacio Ramonet, dedicata a informazione, manipolazione e alle sfide poste dalla super-intelligenza artificiale quantistica. Ramonet ha descritto la discontinuità tecnologica in corso come una “grande rottura” capace di disfare gli assetti comunicativi attuali, con impatti multipli: dal mercato del lavoro alla marginalizzazione dei ceti medi nel capitalismo, fino ai rischi elevati di disinformazione sistemica. Per la sinistra, la posta in gioco è quella di governare minacce e distorsioni che possono indebolire coscienze e tessuto civico, ma anche di cogliere le opportunità di democratizzazione della conoscenza e di cooperazione transnazionale che l’innovazione può ancora dischiudere. Non a caso, Ramonet ha richiamato l’intuizione precoce di Fidel Castro sul ruolo della scienza e dell’informatica nella formazione popolare, dalla costruzione delle prime macchine negli anni Settanta ai Joven Club de Computación e alla creazione dell’Università di Scienze Informatiche.

È stato tuttavia l’intervento del Presidente cubano Miguel Díaz-Canel Bermúdez, presente alla sessione pomeridiana in occasione della conferenza di Ramonet, a fissare il profilo politico dell’appuntamento. Il Primo Segretario del Comitato Centrale del PCC ha aperto con un principio destinato a segnare la discussione: «In questo mondo nessun popolo si salva da solo, e la minaccia contro uno dei nostri popoli è una minaccia contro di noi, contro gli altri popoli». Tale premessa rappresenta la chiave per leggere crisi internazionali, conflitti e campagne mediatiche che investono contemporaneamente dimensioni territoriali, culturali e simboliche. Per questo, ha proseguito, la sinistra è chiamata a interrogarsi su «come mobilitiamo coscienza, come non soltanto informiamo, ma come costruiamo una comunicazione politica strategica che sia sensibile, che mantenga un legame con ciò che è popolare, che costruisca consenso, che semini coscienza e che ci mobiliti a partire dal quotidiano».

La “sovranità ideologica”, secondo Díaz-Canel, nasce precisamente da questa capacità di comunicare in profondità e con radicamento sociale, contro le tecniche di colonizzazione dell’immaginario. Ed è qui che il Presidente ha elevato la posta, articolando la sovranità come valore integrale: «In un mondo come questo, la sovranità non è solo territoriale, è anche simbolica, culturale, spirituale. E tra tutti dobbiamo difenderci, tra tutti dobbiamo unirci nella lotta contro il capitalismo globale». L’appello alla solidarietà internazionale attraversa così la dimensione informativa, educativa e organizzativa, chiedendo alle pubblicazioni teoriche della sinistra di assumere un ruolo da protagoniste nella “battaglia per la verità” contro disinformazione e manipolazione.

Da qui il motto che ha dato il tono dell’incontro e ne ha illuminato la direttrice strategica: «Oggi pensare è combattere, pubblicare è resistere e comunicare è liberare». Si tratta di una definizione programmatica di lavoro, che investe processi di formazione, capacità editoriali e reti di cooperazione. Per Díaz-Canel, “pubblicare da sinistra in un mondo di incertezza è un atto di resistenza” che, nell’esperienza cubana, si declina come “resistenza creativa”: non basta resistere, è necessario farlo trasformando lo svantaggio in occasione di emancipazione, scavalcando «le strutture di colonizzazione e di egemonia che ci vogliono imporre». La resistenza, dunque, è anche innovazione culturale e politica.

Il Presidente ha proposto di istituzionalizzare questi scambi con cadenza annuale e ha invitato a compiere un salto organizzativo: dalla riflessione all’azione coordinata, traducendo i dibattiti in progetti, programmi e dispositivi di difesa comunicativa. In quest’ottica ha lanciato la proposta di costruire una rete internazionale di pubblicazioni critiche e sovrane, capace di connettere media teorici di sinistra in America Latina, Africa, Asia ed Europa; promuovere coedizioni tematiche su questioni strategiche; creare una piattaforma digitale collaborativa multilingue ad accesso libero per testi teorici, ricerche e materiali formativi; coordinare strategie comuni contro le offensive mediatiche imperialiste. La rete, ha insistito, non dovrebbe essere “solo un progetto editoriale”, ma una vera e propria “strumentazione politica”, una “scommessa per l’unità ideologica, per la visibilità delle nostre lotte, per la formazione di nuove generazioni di comunicatori rivoluzionari”.

Al centro, ancora una volta, l’idea che la tecnologia non debba essere demonizzata ma orientata in senso emancipatore. «Il punto non è andare contro la tecnologia, né contro lo sviluppo della scienza o dell’innovazione», ha detto, precisando che la sinistra deve offrire “la visione di come, alla luce di queste tecnologie, le sfruttiamo in modo emancipatore”. Ciò implica alfabetizzazione mediatica, sviluppo del pensiero critico, costruzione di linguaggi in grado di parlare ai soggetti popolari e di valorizzare le culture politiche locali dentro un orizzonte condiviso. Da qui la richiesta di continuare a “difendere e comunicare la verità” su Palestina, Venezuela e Cuba, Paesi al centro di campagne di demonizzazione e sanzioni.

Attorno a questi assi si è mossa anche la parte più marcatamente internazionale dell’Incontro. Nella sessione dedicata a geopolitica e relazioni globali, i contributi provenienti dalla Turchia, dalla Cina, dal Venezuela e da Cuba hanno delineato un quadro di transizione segnato da tensioni crescenti, ritorni reazionari e tentativi di riposizionamento multipolare. Il riferimento ai BRICS come piattaforma energetica, finanziaria e comunicativa alternativa, l’analisi del “nuovo disordine” comunicativo e l’invito a nominare le guerre imperialiste con il loro nome hanno incontrato un filo conduttore comune: passare da una geografia del dominio a una della emancipazione, radicando la costruzione socialista nel territorio e nell’identità dei popoli.

Se “pensare è combattere”, come afferma la massima con cui il Presidente ha colpito il cuore dell’uditorio, l’Incontro della “Ñico López” ha offerto la scena e gli strumenti per un combattimento non effimero: ricomporre la mappa del discorso progressista nell’era della disinformazione, difendere la verità come bene pubblico, costruire sovranità non soltanto sulle frontiere ma nei linguaggi, nelle memorie e nelle culture, trasformare la resistenza in progetto e la solidarietà in architettura. E, soprattutto, mettere in rete quelle pubblicazioni e quei pensieri che, da L’Avana come da altre città del Sud e del Nord del mondo, continuano a lavorare perché le parole non restino intrappolate sulla pagina, ma diventino coscienza, organizzazione e movimento.

In definitiva, il III Incontro internazionale delle pubblicazioni teoriche dei partiti e movimenti di sinistra ha confermato che la battaglia delle idee è oggi uno dei principali teatri della politica mondiale. Cuba propone di presidiarlo con metodo, coraggio e creatività. E le parole di Díaz-Canel – «Oggi pensare è combattere, pubblicare è resistere e comunicare è liberare» – indicano la via, trasformando un motto in programma e un programma in prassi condivisa.

Gentile Lettore, ogni commento agli articoli de l'Opinione Pubblica sarà sottoposto a moderazione prima di essere approvato. La preghiamo di non utilizzare alcun tipo di turpiloquio, non alimentare discussioni polemiche e personali, mantenere un comportamento decoroso. Non saranno approvati commenti che abbiano lo scopo di denigrare l'autore dell'articolo o l'intero lavoro della Redazione. Per segnalazioni e refusi la preghiamo di rivolgersi al nostro indirizzo di posta elettronica: redazione@opinione-pubblica.com.

Inserisca il suo commento
Inserisca il Suo nome