
La riforma del processo penale che contiene le “spine” della prescrizione e della delega al governo sulla pubblicazione delle intercettazioni, resta impantanata al Senato. Per quattro volte in aula al Senato è mancato il numero legale. Valeria Fedeli, presidente di turno, ha sospeso la seduta rinviando i lavori sul ddl penale alle 16,30. Alla riapertura dei lavori per altre due volte è mancato il numero legale e l’Aula è stata di nuovo sospesa. Solo alla settima verifica delle presenze, Palazzo Madama ha potuto continuare i lavori.
Un altro sgambetto “interno” al Governo, dopo quello della settimana scorsa. Per Casson del Pd è “un messaggio dei centristi sull’Italicum”. Da un lato ci sono i senatori di Ap che vorrebbero mantenere il testo così come uscito dalla commissione Giustizia del Senato e chiedono che il governo ponga la fiducia per evitare il trappolone degli emendamenti messi a punto da diversi esponenti del Pd, tra cui il capogruppo in commissione Giuseppe Lumia e il relatore Felice Casson; dall’altro c’è una parte del Pd che vuole andare avanti con il lavoro d’Aula.
I renziani hanno accusato apertamente gli alleati di governo: “L’unico gruppo a garantire il numero legale è stato quello del Partito democratico”, afferma la senatrice Giuseppina Maturani, vicepresidente del gruppo a Palazzo Madama. Ancora più diretto il senatore della minoranza dem Felice Casson, secondo il quale i centristi di Ap erano in aula, ma non hanno premuto il pulsante di presenza quando l’M5s ha chiesto la verifica del numero legale. Una quindicina di senatori Pd non erano presenti, mentre Cinquestelle e opposizioni, pur fisicamente in aula, non hanno partecipato al voto.
Per Luigi Gaetti, capogruppo M5S , “la maggioranza è in tilt”. Corradino Mineo di Sinistra Italiana, su twitter, ha bollato la mancanza del numero legale come “una guerra nella maggioranza su giustizia e prescrizione”. Il senatore Jonny Crosio della Lega Nord, ha parlato di una maggioranza “debole” e “sistematicamente sotto scacco di Verdini”.
Il punto più delicato è quello della prescrizione. Il testo introduce una novità per l’ordinamento italiano: lo scorrere del tempo si ferma dopo una condanna di primo grado (per non più di due anni) e dopo una condanna in appello (per non più di un anno). Per corruzione e altri reati simili sono previsti tempi ancora più lunghi. Sul fronte delle intercettazioni, invece, il testo non indica norme precise ma rimanda al governo il compito di regolare la materia in modo da limitare la diffusione delle conversazioni captate durante le indagini, soprattutto quelle relative alle persone occasionalmente coinvolte nel procedimento.
Gli “accordi in maggioranza” annunciati nei mesi scorsi dal ministro della Giustizia Andrea Orlando, si sono rivelati fragilissimi alla prova dell’Aula. Le posizioni più “garantiste” degli ex berluscones che sostengono Renzi e quelle più “giustizialiste” dello zoccolo duro dem, non appaiono facilmente conciliabili e il braccio di ferro in atto sull’Italicum, rischia di aumentare ulteriormente la distanza tra le due fazioni.
Ernesto Ferrante