
Gli ultimi anni hanno visto una grande, vertiginosa crescita del colosso automobilistico tedesco Volkswagen. Ferdinand Piech, quando lasciò la dirigenza della Casa di Wolfsburg, disse che al suo arrivo la Volkswagen AG era come un’anatra troppo grassa, che non riusciva a volare. Ed in effetti si trattava di un’azienda in buona salute, ma che non riusciva ad emergere in un panorama già allora molto affollato. A metà degli Anni Ottanta era ancora la FIAT, grazie alla fresca acquisizione della concorrente nazionale Alfa Romeo, a vantare il titolo di maggiore costruttore europeo. Volkswagen era stata appena surclassata. Ferdinand Piech, appartenente alla dinastia Porsche, si mise al lavoro e riuscì a garantire alla Volkswagen una serie d’acquisizioni che invertirono nuovamente i rapporti di forze, oltretutto garantendo alla Casa nuovi mercati: in particolare l’assorbimento di Skoda, a partire dal 1993, permise ai tedeschi d’inserirsi nell’Europa dell’Est, dove l’azienda ceca era già affermata ed in cui gli altri Costruttori europei vantavano una presenza del tutto marginale. E pensare che pure in quel caso FIAT partiva avvantaggiata: ancora negli anni del comunismo, la Casa di Torino aveva siglato importanti rapporti con la Polonia (FSO ed FSM), con la Jugoslavia (Zastava), e soprattutto con la Russia (Lada VAZ). Ma tutte quelle buone occasioni furono lasciate deperire, e così anche grazie alla mancanza di lungimiranza altrui Volkswagen potè garantirsi una solida piazzaforte in un mercato ancora vergine, tutto da esplorare e molto promettente. Perchè FIAT e Renault ritornassero sui loro passi, stimolate proprio dal successo che Volkswagen aveva ottenuto puntando sull’Est, ci sarebbero voluti degli anni: ma intanto d’acqua sotto i ponti n’era già scorsa tanto.
Dopo Piech, che comunque ha sempre mantenuto una grande influenza sulla Casa di Wolfsburg, si sono succeduti tanti amministratori. Ma tutti hanno portato avanti il progetto originario, quello di rendere Volkswagen sempre più grande e potente. Negli ultimissimi anni Volkswagen è divenuta ciò che nessuno si sarebbe mai potuto immaginare anche solo pochi anni prima: ovvero la più grande Casa automobilistica al mondo. Dagli Anni Trenta fino al 2008, quando scoppiò la crisi negli USA, la più grande azienda automobilistica mondiale era stata la General Motors. Dopodichè l’ambito titolo era passato alla giapponese Toyota, anch’essa presente in forze negli Stati Uniti. Poi, pian piano e senza colpo ferire, la prima della classe è divenuta proprio la Volkswagen, che nel mentre s’allargava anche a settori a cui precedentemente non aveva mai avuto accesso, come i veicoli industriali (MAN e Scania) e le motociclette (Ducati). Tale è stata la crescita di Volkswagen, da causare non pochi problemi anche alle altre Case tedesche, soprattutto quelle operanti nell’ambito del lusso come Mercedes e BMW. Alla prima Volkswagen oltretutto s’è messa a far concorrenza pure coi camion e alla seconda pure con le moto, proprio grazie alle suddette acquisizioni di MAN, Scania e Ducati.
Insomma: si può tranquillamente dire che Volkswagen si fosse fatta tanti nemici, anche in patria e non solo all’estero. Ma è comunque dai rivali esteri che è partita la prima pistolettata. Le tre grandi di Detroit, in primo luogo la General Motors e la FCA, potrebbero essere infatti le prime sospettate. GM opera anche nel settore militare e per gli Stati Uniti è quindi un’azienda strategica, la cui parola è legge e a cui s’inchinano fiori d’ambienti politici. Quanto a Marchionne, amministratore delegato di FCA, la sua influenza è tale da poter essere ricevuto da Obama anche in piena notte. E Ford, la seconda tra le tre grandi, non è certo da meno. Venendo a sapere che Volkswagen aveva commesso dei gravi errori, oltretutto sapendolo, non sarebbe stato quindi difficili indurre la NHTSA (ovvero l’equivalente USA della nostra motorizzazione o del TUV tedesco) a scatenare questo putiferio, lanciando la prima pietra nello stagno. Il risultato è quello che Volkswagen si trova ora nell’occhio del ciclone, avvolta da una tremenda pubblicità negativa che va a vantaggio della concorrenza e che la priva anche d’importanti risorse, perché ormai decine di miliardi di dollari di capitalizzazione sono già state perse in borsa, mentre si profila pure una maximulta da 18 miliardi di dollari. Lo scandalo degli 11 milioni di vetture mosse dal 2.0 TDI che a causa di problemi alla centralina non ottemperano alle normative sulle emissioni è decisamente troppo grosso, soprattutto per un’azienda che negli ultimi anni aveva fatto del rispetto dell’ambiente la sua bandiera.
Di sicuro ora saranno in tanti a gioire della caduta di Volkswagen che, tra perdite in borse e maximulte, difficilmente avrà in futuro risorse a sufficienza per portare avanti la sua espansione, ma anche soltanto per difendere i risultati finora acquisiti. In prospettiva, Volkswagen potrebbe addirittura ridimensionarsi, accettando per esempio di vendere alcuni dei gioielli in suo possesso. Il panorama automobilistico mondiale subirebbe, e a guardar bene già sta subendo, dei cambiamenti epocali. Attenzione, però, perché questo potrebbe essere uno dei primi segnali del fatto che è iniziata la guerra economica ed industriale degli Stati Uniti all’Europa e alla Germania in particolare: a dar loro manforte ci sono come gli italiani, che vogliono ingraziarsi a tutti i costi la FCA di Marchionne, e i francesi, sui cui affari interni i Costruttori automobilistici nazionali PSA (Peugeot e Citroen) e RenaultNissan hanno da sempre una grande influenza. Un’eventuale inchiesta corredata da maximulta anche in Europa, che italiani e francesi chiedono a gran voce spinti proprio dalle loro Case automobilistiche, rappresenterebbe infatti per Volkswagen la mazzata finale.
